ASCOLTA IL TESTO DEI VERSI 455- 655 (per tacer del gatto permettendo)
LE PRIME METAMORFOSI DI OVIDIO: DEUCALIONE E PIRRA CHE CREANO LA NUOVA UMANITA’ E DAFNE E APOLLO
Niente più della descrizione dettagliata della fuga di Dafne da Apollo, sa di storie selvatiche. Ma perché Ovidio scrisse questo testo che si fonda su una serie di mutazioni e trasformismi tanto incredibili? Perché tutta la sua narrazione prende in considerazione eventi meravigliosi come le metamorfosi di cose ed esseri viventi in altre forme e vite? Me lo sono chiesta sempre, ma per la prima volta me lo chiesi leggendo proprio i versi riferiti alle vicende incredibili che riguardano Dafne e Apollo. Tutta l’opera è incentrata sul continuo cambiamento e mutare reale, concreto e nel contempo fantastico e meraviglioso; mi sono detta che è questo il fascino di questo testo e mi sono detta che la poesia sta tutta qui.
Eppure c’è già stata una metamorfosi nei versi precedenti e forse era una narrazione ancor più incredibile di questa e poteva lasciarmi ancora più sbalordita per via dell’assurdo e del fantastico che la contraddistingue; di che cosa parlo? Ma come? Non ve ne siete accorti di come il genere umano, secondo Ovidio, ha ripreso a vivere dopo il Diluvio voluto da Giove?
Le “Ossa della Terra”, come ha chiamato le pietre la Dea Temi, si sono trasformate in esseri umani; dei minerali senza vita hanno preso una forma dapprima appena abbozzata di un essere informe, per poi mutare e divenire uomini e donne fatti e finiti. Non vi sembra incredibile questo fatto? O non ve ne siete accorti perché vi siete immedesimati in Pirra e Deucalione ed avevate anche voi gli occhi velati e buttavate le pietre alle vostre spalle, così che non vedevate che cosa stava succedendo?

Gian Lorenzo Bernini – Apollo e Dafne 1622 – 1625 Galleria Borghese Roma
È solo una storia, direte voi, ed è vero; queste sono le Metamorfosi di Ovidio e sono solo narrazione, ma voi riuscite a vederle quelle pietre scagliate da Pirra e Deucalione, che ad un certo punto, là dove cadevano e dove in esse si intravedono le vene di minerale, a poco a poco prendono a pulsare perché vi scorre sangue e plasma umano? Ve le vedete le pietre che diventano molli come carne viva e mutano la loro forma, si ammorbidiscono e piano prendono ad avere sembianze di muscoli e organi umani, dapprima appena abbozzati e poi via, via sempre meglio definiti e rifiniti? È un’immagine pazzesca, io penso! Voi no?!
E tuttavia leggiamo queste storie come se quel che vi accade fosse tutto normale e scontato; siamo distratti e non ci sappiamo più meravigliare. UN tempo, quando eravamo bambini, tutti noi avremmo immaginato quella scena con gli occhi sognanti e le bocche spalancate, ma ora non lo sappiamo più fare. Abbiamo perso la capacità di provare meraviglia! Ma va bene, si vede che è così che deve essere. E tuttavia io penso che forse per qualcuno c’è ancora speranza e possiamo guarire da questo male diffuso, da questo attaccamento morboso ad un’illusione di razionale pragmatico, certo, definito e terribilmente vuoto di emozione e meraviglia.

Gian Lorenzo Bernini – Apollo e Dafne 1622 – 1625 Galleria Borghese Roma
Forse ne uscirà sano chi si renderà conto che le Metamorfosi parlano dell’incertezza e della precarietà delle nostre esistenze; forse ne uscirà sano chi riesce ancora a rendersi conto che tutti i testi antichi, tutte le fiabe parlano della fragilità delle nostre vite, della labilità delle nostre esistenze, che oggi sono una cosa e domani potrebbero cambiare, metamorfosare in qualche cosa di completamente diverso.
Fra un attimo potremmo smettere di vivere come esseri umani; tuti noi, intendo e potrebbe accadere fra pochi secondi. Adesso, siamo vivi e fra tre secondi, magari, potremmo essere un’altra cosa, completamente diversa; potremmo essere aria, terra, polvere, fuoco, vapore, pulviscolo invisibile e sparire. Perché è questo che accade a tutti prima o poi, e accade anche se il nostro essere gonfio e tronfio di certezze scientifiche di cui oggi siamo tanto colmi ci impedisce di prendere seriamente in considerazione questa eventualità; è questo che accade quando smettiamo di macinare pensiero, lasciamo cadere il nostro io, la nostra personalità e passiamo o metamorfosiamo a miglior vita. E allora dove andrà a finire tutta la nostra scienzah e la nostra supponenza e cosa rimarrà di noi?

Paolo Caliari detto il Veronese (1528 – 1588)
Apollo e Dafne, 1575 ca.
Olio su tela, 100,2 x 110,5 cm
San Diego, San Diego Museum of Art
Le fiabe, i racconti sono stracolmi di simboli che ci possono risvegliare su questioni che vanno oltre al nulla che impera ovunque oggi; i testi antichi preparano ai cambiamenti inevitabili che avvengono nelle nostre esistenze e preparano al cambiamento che più ci spaventa in assoluto, ovvero quello dell’ora finale. Ci liberano dalla paura di affrontare l’ignoto. Non mi pare poca cosa, visto che a causa della paura, ultimamente in molti hanno fatto scelte sconsiderate e altrettanti, forse non se ne sono nemmeno resi conto.
Ovidio questo lo sapeva; lo sanno tutti i veri poeti, quelli che hanno vissuto davvero e in maniera assoluta, sentendosi la morte nel cuore, riconoscendola come parte di se stessi, perché inevitabile compagna della vita e per questo hanno smesso di temerla e di tremare e hanno saputo e sanno afferrare la vita e farla propria, come veri guerrieri, usando la spada dei versi e della vera Poesia.
Quando ho letto l’aneddoto di Pirra e Deucalione per la prima volta, mi è venuta in mente la “Pietà Rodanini” di Michelangelo nel Castello Sforzesco di Milano. Non so se l’avete mai vista da vicino, ma c’è qualche cosa di estremamente commovente in quel marmo. E io ho pensato spesso che non è un lavoro non finito, perché così com’è, parla esattamente di quanto può essere indefinita e precaria l’esistenza umana; è un’opera che mi ha toccato il cuore, forse più di altre più levigate e definite.IN quel marmo si intuisce ciò che Michelangelo voleva arrivare a dire; non lo si vede in modo netto, ma è questo che lo rende potente. Nessuno di noi vede in modo netto il passaggio a ciò che deve venire, ma lo possiamo intuire. L’Arte ed i simboli, le narrazioni di un certo tipo è a questo che ci possono preparare.

Ma torniamo alla ninfa Dafne; lei, troppo bella per poter vivere il suo sogno di eterna fanciulla seguendo l’esempio della Dea Diana, e troppo amata da Apollo, che si è fatto trafiggere dalla freccia di Eros, non trova nessun’altra soluzione che la fuga prima, e la preghiera poi.
Febo, o Apollo, invece, dopo aver provocato il dio dell’Amore perché si sentiva tronfio e orgoglioso per aver ucciso Pitone, paga il prezzo della sua sfida. Dalla hybris di Apollo non poteva che nascere un evento tragico (i greci su questo non transigono e nemmeno i latini, a quanto pare) e fu così che il dio del sole, della musica e delle arti venne punito e trafitto dalla freccia dalla punta d’oro che lo portò a impazzire d’Amore per Dafne, mentre Dafne venne trafitta dalla freccia dalla punta di bronzo che la portò a provare disamore per chiunque.
Eros aveva compiuto il suo cinico capolavoro e così si era vendicato di Apollo, ma quello che io trovo essere un triste e tragico epilogo, è la metamorfosi della ninfa Dafne in una pianta d’alloro.
La corsa durante la quale Apollo insegue Dafne per le zone impervie e le aree ricoperte dai rovi della foresta, è descritta in modo meraviglioso da Ovidio ed il momento culminante di questa scena cinematografica, ovvero l’attimo in cui Apollo sta per raggiungere Dafne e lei si trasforma in un albero, è stato immortalato da molti artisti, ma l’immagine più famosa è certo quella prodotta in una scultura dal genio di Bernini fra il 1622 e il 1625. Ve ne lascio diverse immagini, perché vale la pena vedere questa scultura nei suoi minimi particolari. La cosa migliore da fare, sarebbe ovviamente andare a Roma, alla Galleria Borghese e gustarsela di persona, ma per chi non può, il web è sempre meglio di niente.

Gian Lorenzo Bernini – Apollo e Dafne 1622 – 1625 Galleria Borghese Roma
Ciò che colpisce in questi versi di Ovidio è il modo in cui il poeta sa rendere l’innamoramento folle di Apollo, ricolmo di irrefrenabile passione e nel contempo la disperata fuga di Dafne che viene descritta in tutta la sua bellezza di ninfa perfetta e che quando si vede raggiunta, chiede al padre Pèneo di mutare il suo aspetto, affinché Apollo smetta di inseguirla. E così avviene la metamorfosi.
Ma Apollo non smette di amare Dafne solo perché lei si è trasformata in una pianta di alloro, ovviamente; eros ha scagliato la freccia dalla punta d’oro e Apollo non può liberarsi del suo amore per Dafne, nemmeno se adesso lei è diventata una pianta. Così Apollo fa di Dafne il suo simbolo, che è poi un modo per continuare ad amarla e ad averla vicina a se. Il capo di Apollo, la sua cetra e la sua faretra da quel momento in poi saranno sempre adornati da delle corone di alloro.
Ora, voi vi siete chiesti quale sia il significato di questa metamorfosi? Io sì, ci ho pensato e mi sono data un mucchio di risposte. Sono partita dalla riflessione sul motivo per il quale Dafne respinge Apollo; è stata la freccia di bronzo di Eros a creare tutto il casino. Ma che cosa rappresenta, in termini simbolici, la freccia in bronzo? Il bronzo come metallo, perché non può dare spazio al sentimento di amore e passione che si trova invece in una freccia d’oro? Mah…
L’amore non corrisposto accade spesso anche nella realtà. Lo sappiamo tutti che ci sono persone che semplicemente non corrispondono l’amore di altre persone e questo fa parte dei misteri della vita. È un dato di fatto. Qualcuno nasce per soffrire per amore e a chi di noi non è successo? E se non ci è mai successo, mi sa che non abbiamo vissuto abbastanza.
Oggi, poi, in quanti non sanno vivere un amore non corrisposto con equilibrio, dando vita a tragedie ben più terribili di quelle che racconta Ovidio? E vi siete chiesti perché questo accade? Se ne parla talmente tanto che nessuno si ferma a chiedersi il motivo che fa scaturire la violenza; anche qui, si applica la logica e la razionalità scientifica formulando diagnosi che con l’analisi del senso profondo delle cose non ha nulla a che vedere, e così non si risolve nulla e si va di male in peggio.
E leggendo questi versi, in chi vi siete immedesimati voi? In Apollo che insegue Dafne? In Dafne che fugge da Apollo? E come la vedete sta storia che Eros può fare il bello e brutto tempo con i sentimenti di chiunque, anche degli dei? Come se, in fin dei conti, avesse il potere supremo su tutto e su tutti, a seconda di come gli gira? 😀 E come avreste risolto, voi, la situazione se foste stati Apollo, o Dafne? Ammesso che ci fosse una soluzione alternativa alla metamorfosi, intendo. 🙂
E ancora: ma la metamorfosi in un albero di alloro, mi sono chiesta; perché? Perché proprio quella specie di pianta e non un’ altra? Bene, siccome queste riflessioni sono andate già troppo oltre e siccome io sono una che alle cose vuole andare a fondo, perché sennò non ci dormo la notte, se trovo una o più risposte soddisfacenti ad almeno una di queste domande, ve la racconto la prossima volta. 😉 Intanto chiedo aiuto a voi, se avete qualche idea a tal proposito.
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