
Era una giornata di nebbia, fredda e uggiosa; la neve gelata ricopriva il suolo e fuori la gente aveva paura della gente. Per fortuna c’erano le cince che venivano a cibarsi sulle palle di grasso e semi che avevo appeso sotto al poggiolo e mi guardavo quelle; piccole, splendide e pure. Per fortuna c’erano le ghiandaie che ogni tanto si facevano vive per avvisarmi dell’arrivo di qualcuno e stavo meditando che alla fin fine, a me chi mi salva, è sempre il bosco.
IN casa della frutta, il fuoco acceso ed i colori a pastello; avevo deciso che dell’umanità impazzita potevo farne a meno per qualche ora e la cosa non mi pesava nemmeno poi tanto… in fin dei conti io sono sempre stata propensa alla vita in solitaria ed avevo i miei ottimi motivi. Da sola io ci sto davvero bene; è una dimensione che mi appartiene.
Ma la situazione adesso era diversa: l’isolamento era forzato e non tutti amavano stare da soli. IN quei mesi di obbligata frequentazione della massa umana in fermento terroristico e dovuta al lavoro, ho visto scene raccapriccianti, patetiche e reazioni che mai avrei pensato di vedere; ci vuole pochissimo per rendere instabile una persona che di suo non ha un centro emotivo stabile e non ha mai nemmeno pensato di poterlo, o doverlo avere.
Quell’inverno era davvero cupo, come la giornata in cui mi sono messa a disegnare, per cercare di renderlo un po’ più luminoso… ma non ci sono riuscita. Anche i colori si erano spenti tutti. I lutti, la paura, la diffidenza, la rabbia, l’irrazionalità, le frasi senza senso, l’illogico che dominava ovunque, le menzogne e l’eco dei televisori che ovunque parlavano in un’unica terroristica lingua malata. Frasi fatte, frasi ripetute ad arte fino alla nausea, formule magiche inculcate con metodo, da ogni dove, da ogni spiffero d’aria, da ogni immagine di giornale. I maghi neri avevano fatto il loro sortilegio.
Non si è spenta ancora del tutto la follia, che le voci ancora riecheggiano, ma in parte è passata. Quel che non ammazza rende forti, si dice; ed è così. La consapevolezza in questo caso rende silenziosi, come la malattia, come la morte; nessuno ne vuole parlare e a me sta bene. Ho solo dei vaghi ricordi e ogni tanto fanno capolino per una legge di compensazione data dalle giornate magnifiche di questo autunno. La consapevolezza è silenziosa e richiede il suo tempo.
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