Ci sono dei libri che rileggo a cadenza regolare, soprattutto in autunno; fra questi ci sono i racconti di Salgari. Le Tigri di Mompracem, La Regina dei Caraibi, I Pirati della Malesia, Il Re del Mare, I Misteri della jungla nera, Il Corsaro nero e poi, ovviamente Sandokan alla riscossa. Ci ho passato ore lietissime immersa in questi libri e non parlo di un tempo in cui potevo considerarmi una ragazzina; li ho letti tutti da adulta e mi sono piaciuti molto, moltissimo. Qualcuno sorriderà, perché si dice che questa è letteratura per ragazzi; e si vede che io c’ho la sindrome di Peter Pan, che volete che vi dica?!
La sigla del telefilm “Sandokan” trasmesso dalla RAI nel 1986
Poi c’era il telefilm, il mitico telefilm con Kabir Bedi, tratto dai libri di Salgari; la sigla me la fece ascoltare per la prima volta una maestra nel lontano 1986. La maestra poi ebbe modo di pentirsene. C’era il giradischi a scuola, con il il vinile che io mettevo e rimettevo a loop una volta che avevo imparato come si faceva. E tutti impazzivano, ma io non demordevo. Io pretendevo la mia canzone preferita, a oltranza, per ore nel doposcuola; mi lasciavano sola in una stanza con il mio giradischi. E da lì cominciarono a capire che forse in me c’era “qualcosa che non andava…”. Da allora non è cambiato molto; se a me piace una canzone, io me la riascolto a ripetizione, finché sento che mi basta. Poi per un anno o due non la sento più.
Le sigle dei cartoon mi facevano lo stesso effetto. In un altro blog ho già parlato della sigla di Daltanius e di quanto mi piacesse ascoltarla e riascoltarla a ripetizione, per la disperazione di maestre e compagni. E’ che io non ci potevo mica fare niente… era così che andava. Punto.

Ecco, con certi libri, come i racconti di Salgari e altri, mi succede la stessa cosa; periodicamente ricomincio a leggerli e faccio un tour de force senza sosta che può durare anche diversi giorni; poi mi passa. Tolkien, ad esempio, dura mesi, che certe cose mi risultano sempre nuove e non so se si sa, ma lui, come anche altri autori, è uno che può essere letto a livelli diversi, ma non sto qui a dilungarmi. Mi accade con i libri di Dumas, ogni tanto, in particolare con Il Conte di Montecristo, oppure con Il Mago di Oz, con Il Libro della giungla di Kipling, con tutti i racconti di Buzzati, o i libri di Stevenson, con il suo L’Isola del Tesoro o Jules Verne con il Viaggio al centro della terra e poi Hermann Hesse e parecchi altri. Tutte le fiabe dei Grimm ed i miti greci, me le rileggo a cadenza regolare, di solito da novembre in poi, ma non chiedetemi perché. Uno che ho sempre attorno, ovunque mi giro è Tolstoj; me lo ritrovo fra le mani all’improvviso, senza accorgermene e poi mi tocca leggerlo, neanche a dirlo. Ma un po’ tutti gli autori russi mi vengono a cercare, devo dire; Gogol, Dostoevskij, Puskin…

Salgari, ad esempio, scriveva come un dannato perché aveva una sfilza di figli da mantenere e doveva darci dentro per mantenere la famiglia; non si direbbe che la sua motivazione provenisse principalmente da questo fattore, leggendo i suoi racconti, ma sono particolari biografici che ho scoperto in seguito, quindi la cosa non ha interferito sull’idea meravigliosa che ho sempre avuto di questo scrittore. Io non leggo mai le biografie e le prefazioni, che a volte potrebbero condizionare troppo la percezione che ho della narrazione. Me li leggo dopo aver letto i romanzi almeno un paio di volte, solo se mi sono piaciuti, e solo dopo.
Ci sono poi romanzi che non mi piacciono; per sincerarmene arrivo almeno fino a metà e se ancora non mi piace, allora vado a leggermi le introduzioni, le prefazioni, per capire se c’è un motivo legato a qualcosa che non so; di solito no, non ci trovo altri motivi se non il fatto che non mi piacciono e punto. E li mollo lì.
A parte pochi casi rari, penso di essere stata molto fortunata, perché in generale ho sempre incontrato scrittori che valeva la pena leggere, un po’come se una mano invisibile mi avesse guidata nella scelta dei libri sugli scaffali. Mi ricordo di interi periodi, anche lunghi, in cui mi ritrovavo catapultata in mondi paralleli anche quando staccavo il naso dai libri, come se le atmosfere delle mie letture mi accompagnassero per tutto il tempo, finché piano piano non sciamavano, lasciando il posto a nuove atmosfere e a nuove letture.

Potrei descrivere nel dettaglio che tempo c’era e in quale stagione mi trovavo per ogni singolo libro che ho letto per la prima volta, perché mi ricordo tutto, fin dai primi libri letti durante l’infanzia; mi ricordo come mi hanno fatta sentire, quali pensieri mi hanno fatto nascere, quanto tempo ci ho messo a leggerli, che cosa è accaduto nel frattempo nella mia vita. Ad ogni libro associo un pezzetto di vita, sempre… e non sono sempre bei ricordi, ma i libri rimangono intonsi da questo punto di vista, non vengono intaccati dal quotidiano, perché è una membrana che funziona a senso unico, un po’ come se mi avessero aiutato a superare il peggio, o in tempi più facili, semplicemente ad arricchire il meglio di un’esistenza.
A Salgari devo molto, che quando lo lessi la prima volta non ero messa benissimo; ma si sa, quel che non ammazza, rende più forti, un po’ come accade per la Tigre della Malesia, che prima o poi si prende sempre le sue rivincite.
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