Siamo il nostro corpo? Ma se quando la vita finisce, del nostro corpo non rimane nulla! Nulla di riconoscibile.
Allora siamo il nostro Pensiero, quel qualche cosa che non è di questa dimensione e che ora stiamo elaborando, con la nostra mente; di questo rimane qualche cosa? Non è detto; a meno che il nostro pensiero non venga tradotto in fatti, in atti concreti, che portano al materializzare oggetti, opere, Arte.
Se il nostro Pensiero rimane un’idea, non rimane nulla… oppure sì? Le nostre idee, hanno modo di sopravviverci? Se vengono diffuse, scritte, tramandate, elaborate, riconosciute, rese pubbliche. Ma le nostre idee, quanto sono veramente nostre? Quanto di ciò che elaboriamo con la nostra mente è davvero solo nostro? Poco, io direi; ci pensate? A quanta parte dei vostri pensieri non siano già stati pensati da altri, e a quanta parte invece è davvero vostra?
I creatori, gli artisti, i visionari, gli innovatori… sono loro che sanno essere eterni, sono loro che sopravvivono alla morte; come fanno? Traducono la loro grandezza in materia. E’ così che si rendono immortali. I veri Highlander sono sempre e solo loro. I miti, gli dei, l’incarnazione degli archetipi che ci abitano. Gli Artisti che incarnano il Divino e che sanno andare oltre il tempo, perché vengono da una dimensione senza tempo, senza spazio.
Ed è poi così necessario sopravvivere a se stessi, mi chiedo? Non lo è, ma se accade, significa che abbiamo saputo compiere la nostra missione, che abbiamo saputo fare esattamente quello per cui siamo venuti a fare, ritengo. Roba per pochi, forse anche perché la maggior parte delle Persone Umane che popolano questo Pianeta spettacolare, non hanno la minima idea di che cosa sono venute a fare. Non sanno perché sono qui. Voi lo sapete? Il motivo della vostra venuta, intendo. Ve lo chiedete, ogni tanto, che cosa vivete a fare? Io sì, me lo chiedo ogni giorno, mentre vivo. Il senso. I boschi fanno questo effetto; ti mettono in testa pensieri ricorrenti.
Un tempo questi pensieri mi mettevano angoscia, ansia, perché non ne capivo l’origine, non ne sapevo trovare il fulcro; adesso mi fanno sorridere, perché so da dove vengono, so chi li ha prodotti, so che in una piccola parte sono miei, ma che in realtà ci sono sempre stati, nelle menti di chi mi ha preceduto, di chi vive ora, di chi verrà dopo. E’ un’energia che trascende lo spazio e il tempo, il Pensiero, un certo tipo di pensieri. Ne faccio parte, tutto qui. E’ un viaggio breve, questo; un impercettibile soffio di vento, ma trovo sia giusto farsi qualche domanda mentre si viaggia, mentre ci si gode il paesaggio.
Ho visto come agisce la Morte: agisce in modo preciso, Lei. Agisce con leggerezza, in realtà, con eleganza, quando la si lascia fare, senza opporsi in inutili balletti tragici. Occorre imparare a morire mentre si sta vivendo, perché poi non c’è tempo per ripassare la parte, quando è l’Ora. Ed occorre imparare a vivere mentre si sta morendo, perché le repliche possono anche esserci, ma tocca comunque ricominciare da capo, ed è un peccato sprecare un’ Occasione.
Perché questa è l’Occasione. E’ Occasione il secondo di lucidità che rischiara ogni dubbio, per poi svanire come fumo; lo è il minuto di consapevolezza che ti scorre nel petto mentre nuoti in apnea, facendosi carne per una manciata di attimi, sufficienti a farti rinsavire, per farti ricordare di rendere grazie anche per l’acqua che ti accarezza. Il corpo è lo strumento che ci permette di fare esperienza della Vita; non è poca cosa. Quando l’ho capito, ho cominciato ad amarlo, a rispettarlo, il mio corpo.
Ma io, noi, non siamo davvero di questo mondo, io penso. Siamo ospiti di un filo teso; uno di quei fili da equilibrista, sospesi fra un mondo di sogni e un mondo di Vita, e non abbiamo nemmeno il tempo di abituarci al letto che ci accoglie ogni notte, che lo dobbiamo già salutare, come quei giacigli improvvisati che ci si costruisce ogni tanto quando si bivacca nei boschi.
E se non siamo di questo mondo, a volte ci risulta scomodo doverci adattare, doverci plasmare a un corpo che è diverso da come siamo dentro, doverci ascoltare mentre emettiamo suoni che vorrebbero dire altro, ma non riescono a dire molto. Ci rimangono gli occhi, per scrutare fuori da noi stessi, per cercare un appiglio, almeno quello. Ma l’illusione ci svia, non ci dà risposte e lo sguardo è meglio rivolgerlo verso chi si sta specchiando, più che nell’immagine specchiata.
Il passaggio in questa dimensione è così bizzarro! Così sorprendente, il più delle volte, che non mi stupirei se qualcuno mi venisse a dire fra qualche istante che è stato solo un Gioco, uno scherzo, una rappresentazione ben scenografata. Ci sarebbe da riderci su parecchio, non credete? Si passerebbe dal tragico al comimco in pochi istanti!
Io, di mio, mi dicevo un tempo, che il sale di questo gioco pazzesco è l’imprevisto, ma poi ho imparato a usare il Pensiero; questo strumento potente che permette di essere i registi della Commedia. E per chi dirige la Commedia, l’imprevisto, beh… non è più previsto; allora il sale di tutto questo, non è più la sorpresa di quel che accadrà dopo. Il sale, è l’Immaginazione, ovvero quello che mi saprò inventare di attimo in attimo.
Sono passata da una condizione di sudditanza di un Dio che mi incute timore e senso di angoscia, alla consapevolezza che Dio mi ama e mi permette di creare la mia strada, passo, dopo passo. Il Pensiero è la Magia da risvegliare; l’Immaginazione è il mezzo. Secondo me è questa la missione; voi che dite? La Ricchezza è nella nostra mente, al centro del nostro cervello, dove albergano tutte le possibilità, tutte le storie che sapremo scrivere, prima di crearle e poi viverle. Storie belle, storie brutte, storie felici, storie dolorose, e anche qualche storia un po’ bislacca, o selvatica, di quelle che raccontano tutto; o di quelle che non raccontano niente, per chi non ha orecchi… come questa. 😉
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