Quando ero piccola, mi scazzava non poco dover dire “grazie” ad ogni comando, per educazione. E infatti non lo dicevo, con grande disappunto di mia madre, della nonna o di chi per loro. Non sono mai stata una brava bambina, insomma. Io degli obblighi me ne fregavo, volutamente. E da questo avrei dovuto capire che non avevo possibilità di fare carriera in certi ambienti; ma si sa, a volte ci piace dimostrare l’ovvio a noi stessi. E la mia famiglia me lo rinfaccia ancora, anche adesso che ho quasi 50 anni, questo mio “modo di essere”… e io continuo a fregarmene; non mi è mai parso tanto grave. E’ solo una delle cose che non sono mai riusciti a inculcarmi, insieme a molte altre. Questo li ha sempre fatti imbestialire; me lo ricordo bene, anche se onestamente non ne vedo la ragione.
Regalino da parte della zia: “Dì grazie alla zia, Elena, dai!” E io, dentro di me pensavo, “Fanculo alla zia!” Mi veniva così, anche se non avevo niente contro la zia, anche senza sapere bene perché sta cosa del dover ringraziare per forza, per buona educazione, mi infastidiva tanto.NOn avevo nulla contro la zia o contro le altre persone che avrei dovuto ringraziare; a me era l’obbligo in sè che mi faceva incazzare! E io son certa che sarà capitato anche ad altri, sto fatto! Lo trovo ovvio. Rimanevo muta, con sguardo di sfida: “Voglio proprio vedere cosa mi fate se non lo dico sto cazzo di “grazie”!
Niente, io quella parolina lì, non ce l’avevo proprio nel mio vocabolario; dico davvero! Ma a tutti sembrava una cosa strana e allora, deve essere successo qualcosa, mi son detta ad un certo punto… qualche trauma infantile, qualche esperienza davvero brutta… che ne so! Qualcosa che mi ha fatto rimuovere la parola “grazie” dalla mia sfera neuronale.
Poi, un giorno d’estate inoltrata, da adulta, ho capito. Mi trovavo seduta ai piedi di un grande albero; un larice secolare, di quelli che hanno le scaglie di corteccia grosse e spesse come tre pannelli d’armatura incollati. Una roba spettacolare! Ogni ramo poteva essere considerato un albero a sè.
Da sotto dove mi trovavo seduta fra due grandi radici che mi accoglievano, osservavo il cielo limpido fra i giochi delle fronde in movimento. Il posto è di quelli che pochi sanno raggiungere e io ero lì distesa, placidamente e completamente rapita dalla bellezza del verde degli aghi teneri del grande essere, che si stagliavano su un azzurro limpido. La mente libera e il cuore che volava.
E ad un certo punto, non so da dove, ma mi è salito un “GRAZIE” spontaneo dal centro del cuore! Lo dissi ad alta voce, sorridendo come un’ebete e senza nemmeno capire bene il perché e da dove arrivasse. E allora, in quel momento, capii il senso di quella parola. E mi dissi anche che avevo sempre fatto bene a tenermi i miei grazie per me, perché era quello il momento giusto per farli uscire. Il motivo per ringraziare era potentemente giustificato, in quel momento. Nessuna costrizione, nessun obbligo; solo uno spontaneo e liberatorio, “Grazie” alla Bellezza! Era come se quel “grazie” arrivasse da secoli di gratitudine che mi ero tenuta nascosti dentro, nel profondo del mio essere, da qualche parte.
Da quel momento, io ho preso a ringraziare ad ogni passo, ovviamente fra me e me. Lo faccio in continuazione, senza rendermi conto. Lo faccio la mattina appena mi sveglio, per il fatto stesso che mi sono svegliata e a volte arrivo a commuovermi di gratitudine. Lo faccio quando entro sotto il getto dell’acqua calda della doccia, quando il cane mi si avvicina, guardandomi fiducioso negli occhi, quando i gatti vengono ad accocolarsi accanto a me, facendo le fusa per lunghe mezz’ore.
Lo dico quando il codirosso che ogni anno torna per fare il nido sul melo selvatico, al mattino mi viene a salutare con il suo verso secco, appollaiandosi sul davanzale; e dico grazie quando raccolgo le foglie d’autunno, per potermi stupire della fantasia che ha la Natura. Lo dico quando le api e le vespe ronzano fra le fronde degli alberi dei boschi in piena estate, quando un colubro sfila in un’onda spettacolare fra l’erba brillante di un prato.
E dico grazie alle cose della Vita in generale, al sangue che sento pulsare mentre cammino, ai polmoni che si aprono e che mi purificano dentro, alla luce del sole che, nonostante qualcuno faccia di tutto per limitarla, filtra fra le nubi quando sono un po’ più rade e anche alla luce della luna e al profumo dei fiori che sbocciano adesso, in questo pazzesco periodo di risveglio. E poi ancora e ancora, e ancora; di “grazie” ce ne sono da dire a milioni nell’arco di una giornata e anche mentre si dorme.
E adesso che nessuno mi obbliga più a fare niente, io non mando più a fanculo nessuno; ho smesso anche questa sgradevole abitudine (sgradevole per gli altri, ovviamente) e ora ringrazio liberamente per il Mondo, perché mi fa sentire felice fin nel profondo del cuore. E ho smesso di sentirmi dire che occorre ringraziare qualcuno per buona creanza, o per far fare bella figura a qualcun altro agli occhi di gente che non mi saprà mai capire, e alla quale sto pure palesemente un po’ sulle palle; lo faccio perché mi va, perché è meraviglioso recuperare la gratitudine libera per il semplice fatto che esisto.

Egoisticamente, io ringrazio per me stessa e mi par di averne il diritto; mentre mi frega poco di dir grazie tanto per dire, senza sentirlo.Così come non mi frega niente di chiedere come va a gente che non sa nemmeno chi sono, tanto per fare, tanto perché non so cosa dire. Io chiedo “come va” solo se voglio davvero chiedere come va. Per rispetto; così come era una forma di rispetto nei confronti di me stessa, non dire grazie a chi mi porta le caramelle che non mi piacciono, comprate per gli adulti che invece le amavano tanto, per dire. 😀
Semmai, io sono immensamente grata a chi mi ha pensata, immaginata e creata; ma ancora di più sono immensamente grata a chi mi ha collocata su un Pianeta che, per chi lo sa guardare e vedere, per chi lo sa leggere, è paradisiaco, a prescindere dalle caramelle troppo amare.
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