Perché poi, di paragoni se ne fanno sempre, anche senza volerlo, no? E a volte sono paragoni che non c’entrano niente, che non sono molto attendibili, intendo; però si fanno, perché tutti agiscono fondandosi sulle proprie esperienze, no? E’ umano. E in fatto di esperienze, oggi siamo messi male, mi sa.
Perché io mi son detta che a volte, le esperienze nostre, quelle personali che abbiamo accumulato in anni di vita, mica sempre bastano per farci un’idea completa di quello che stiamo osservando e su cui fondiamo i nostri paragoni; perché per quanto si possa essere vissuti a lungo in questa folle maratona di eventi, (e mi sa che non abbiamo mai vissuto abbastanza a lungo, se si parla di esperienza) non sapremo mai veramente come stanno le cose, perché ci è preclusa una visione d’insieme e perché spesso siamo sommersi dal caos.

Sempre rimanendo in tema di paragoni, pensiamo a quanto può vivere un albero e paragoniamo le nostre brevi esistenze con quelle di una pianta millenaria, ad esempio. Se noi avessimo l’esperienza millenaria di una sequoia, avremmo anche termini di paragone molto differenti da quelli che mettiamo in campo ora, no? Perché avremmo un tempo di esperienza di vita ben diverso, molto, molto più ricco.

Ma voi mi direte: “Eh, ma la sequoia sta lì ferma sempre nello stesso posto; che esperienze di vita vuoi che abbia?!” Ed è qui che si sbaglia nella valutazione, per dirne una. Le sequoie sono esseri immensi, collegati ad un numero incalcolabile di altri esseri viventi, della stessa specie e di specie diverse. Questo vale per tutti gli alberi, anche quelli che incontrate nei giardini pubblici delle vostre città. C’è uno scambio immenso, fisico e non fisico, fra le piante e fra gli esseri viventi che interagiscono con le piante. Questa cosa non mi stancherò mai di dirla!

UN albero non è mai solo un albero; un albero è un sistema complesso di interazioni visibili e invisibili con altri alberi e con altri esseri viventi e con gli elementi. Le interazioni invisibili che ha un albero sono infinite e un albero millenario, ha una saggezza e un’esperienza che noi, forse, possiamo solo intuire lontanamente, perché abbiamo dei limiti evidenti. E ciò che li rende speciali è che sanno trasmettere questa saggezza a chi fra gli umani ha preservato la sensibilità necessaria per saperla accogliere, nonostante tutto. Per questo hanno tolto di mezzo le piante secolari. Nessuno può portarvi le prove scientifiche di quello che sto dicendo e se qualcuno vi racconta che lo può fare per voi, diffidate.

Diffidate dei guru che vi portano ad abbracciare gli alberi con l’intento di insegnarvi a entrare in interazione con essi; volete arrivare a questo? Volete sentire se gli alberi hanno qualcosa da raccontarvi? Allora andate nei boschi con rispetto, in silenzio, da soli e mettetevi in ascolto. Fatelo da soli, senza guru o guide o sciamani, che spesso si fanno pagare per fare cose che potete e dovreste imparare a fare in autonomia. Imparate ad essere umili di fronte ad esseri che sanno accogliervi solo se sapete essere umili. Nessuno se non voi stessi, può darvi conferma di queste verità. Volete sapere se questo è possibile? Sperimentatelo, con intenzione e rispetto, con la consapevolezza che entrate in un ambiente sacro; se lo fate in questo modo, con queste intenzioni, allora capirete anche perché è veramente sacro e vi si sveleranno cose che nessuno vi può raccontare.

Se riuscite a mettervi in contatto profondo con l’esperienza di un essere molto più vecchio di voi, allora capirete perché i piccoli e insignificanti giudizi che diamo noi oggi agli eventi che osserviamo nel corso delle nostre misere esistenze, sono minuscole briciole di qualche cosa di molto più imponente, oserei dire infinito. E sarebbe un dono immenso, questo, perché rivalutereste tutto di voi stessi, della vostra vita. Vi rendereste conto della magnificenza che è dentro di voi e in tutto il creato.
Ci vuole coraggio, però. Perché i termini di paragone che sostengono le vostre esistenze oggi, verranno a cadere e si sgretoleranno come legno marcio che si secca al sole. Per fare queste cose ci vuole il coraggio di saper stare in silenzio in compagnia di se stessi; mica è una passeggiata. Ciò che può uscire in una tale situazione può spaventare a morte anche i più temerari, perché in fin dei conti, i veri mostri, li portiamo dentro e non tutti sono pronti per affrontarli. Ci si potrebbe letteralmente cagare addosso, se ste cose non si fanno con gradualità.

A volte gli altri, i nostri mostri li vedono, ma noi raramente ce ne rendiamo conto. La solitudine, il silenzio, la Natura, potrebbero farli affiorare e li potreste vedere in tutta la loro terrificante mediocrità, anche se non vi portate lo specchio. Ci vogliono le palle per fare certe cose. Per questo la gente si affida ai guru, ai life coach, ai terapisti olistici e a tutta una serie di figure che oggi vanno tanto di moda; perché trovarsi da soli in compagnia di se stessi, potrebbe essere davvero terribile.
Per questo io consiglio alla gente di prendere confidenza con la sacralità dei boschi e delle montagne; di cominciare a viverli con rispetto e reverenza, perché loro non vogliono soldi, ma esigono sincerità e sono sempre ben disposti nei confronti di chi li vede per quelli che sono, ovvero degli esseri e dei luoghi sacri. Se si sa fare questo andando per boschi e per sentieri, quando ci si trova per qualche ora, o giorno, da soli con se stessi, si smette di avere paura, perché si sente che non si è mai davvero soli; non c’è nulla di più confortante di un luogo sacro che hai saputo riconoscere e rispettare, perché ti saprà accogliere quando ne avrai bisogno e ti saprà cullare quando non ce la fai più e quando i mostri che ti porti dentro, vorranno avere la meglio.

Ma oggi la gente cosa fa quando parli di queste cose? Sorride, sorniona, con sguardo di sufficienza e magari con un occhio al telefonino. Pensano che se una hippie nata con qualche anno di ritardo e che forse un ritardo ce l’hai nel cervello, anche. Oggi, la maggior parte nemmeno si pone il problema; per loro la Natura è parco giochi, una Disneyland da sfruttare, da rendere comoda e agibile, ovunque.
Perché la maggior parte della gente (senza voler generalizzare) va in montagna perché ci vanno tutti, per non essere da meno, perché va di moda l’arrampicata, il trekking, la corsa, per sfoggiare la nuova tuta da sci o da ciclista; si mette sul carosello delle piste o delle ciclabili e si ubriaca in voliera o ai bici grill, per poi scendere a valle alla sera, tristi e vuoti, perché hanno speso tutto e l’indomani gli tocca tornare nella merda dalla quale sono usciti per qualche ora, per guadagnare abbastanza per poter ripetere l’esperienza la settimana successiva. E gli sta bene, perché questo non significa vivere la montagna e in generale, secondo me, non significa proprio vivere! Ma mica li obbliga nessuno; scelgono loro, di volta in volta, quindi, cazzi loro!

Lo fanno perché i loro termini di paragone sono talmente poveri che non sanno vedere null’altro che uno schermo di telefonino pieno zeppo di minchiate che gli insegnano che la vita degna di essere vissuta è solo quella dell’influencer di turno, non certo la loro! E allora fanno di tutto per essere la versione ridimensionata e limitata dalle contingenze di quell’influencer che invece ce l’ha fatta!
E non si accorgono che ogni vita è sacra, compresa la loro e può essere resa potenzialmente grandiosa! Non si rendono conto di avere l’Oro in mano, per il semplice fatto di essere vivi e spesso si spengono, anche fisicamente, pur di non dover sottostare a dei termini di paragone che, nel profondo lo sanno benissimo anche loro, li sviliscono e li rendono meno di niente. E sono tanti, tantissimi, soprattutto fra i giovani, quelli che decidono che non la vogliono più questa vita!! E decidono per la strada più drastica e definitiva.

L’alternativa qual’è? Adeguarsi e lamentarsi, ovviamente; che forse è peggio di farla finita. E se non nevica, piangono, perché non si può salire sulle giostre. E se fa freddo piangono, perché hanno freddo. E se fa caldo piangono, perché hanno caldo. E se il bancomat non funziona s’incazzano, perché non possono spendere quello che non hanno. E se la benzina costa s’incazzano, perché devono limitare gli spostamenti. E se l’energia elettrica costa s’incazzano, perché devono trovare i soldi per le bollette. E se vince la destra s’incazzano, perché doveva vincere la sinistra. E se vince la sinistra s’incazzano, perché doveva vincere la destra. E per sopportare tutti questi miseri termini di paragone bevono, fumano e si impasticcano di psicofarmaci e di merda da sballo, per sopportare loro stessi, prima ancora che tutto il resto.
E intanto le montagne e gli alberi (quelli che sono stati risparmiati dalle morto-seghe) li osservano, dall’alto della loro magnificenza centenaria e millenaria… e li commiserano, perché non sanno nemmeno più vedere che si trovano immersi in un paradiso, che sono vivi e che il mondo e la vita sono meravigliosi… e sacri! Ora, questo post evidentemente è uno sfogo e mi scuso se sembro saccente e giudicante; è che a volte, lo scazzamento guardandomi attorno, prevale, non c’è niente da fare! E questo posto per me è il luogo dove proprio non mi va di fingere; in realtà in nessun luogo mi va di fingere, ma a maggior ragione qui, dove se non porto quello che penso, non ha nemmeno senso scrivere.
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