Foto: gheppio in volo – di Giacomo Gentiluomo
Voi lo sapete quante volte avete cambiato opinione e visione delle cose, ovvero visione in merito a voi stessi e al contesto in cui vivete? Io di preciso no, non lo so, perché non posso ricordarmene nel dettaglio, ma non penso siano state molte; o meglio, penso di aver sempre tenuto una linea di fondo che in qualche modo mi indirizzava. Come un timone che teneva la rotta, anche in mezzo alle varie tempeste. Certamente ho avuto degli alti e bassi in termini di condizionamenti esterni, a volte potenti; altre volte potentissimi.

Camoscio in corsa – foto dal web
Mi succede adesso, a distanza di anni, che mi vado a rileggere la me stessa di vent’anni fa e di trovarci delle assonanze inevitabili con la me stessa di adesso, questo sì, ma sulle prese di posizione, su ciò che riguarda la personalità di fondo, ovvero la parte più condizionata dall’esterno, invece, mi trovo cambiata e molto, molto diversa. Ed il cambiamento non è mai stato indolore; ci sono voluti lutti, delusioni, fallimenti, rivalse e rivincite, ammaccamenti vari, alzate di testa e tanta, tanta pazienza, ma condita da nessuna dote diplomatica.

Lotta fra cervi maschi – foto dal web
E questo cambiamento costante è durato per molti anni, alla faccia della tanto decantata coerenza. Per me, chi non ha il coraggio di cambiare e di ammettere di essere cambiato nel tempo, nell’aver saputo cambiare le proprie idee, è falso. Accade a tutti…. a tutti quelli che hanno la capacità di evolvere, o in alcuni casi, involvere. E per rendermi conto dei cambiamenti avvenuti non serve che io mi rilegga i diari di quando ero adolescente, perché in tal caso sarebbe ovvio ritrovare una me stessa completamente diversa (e sarebbe anche auspicabile), ma è sufficiente che io rilegga cose che ho scritto due o tre anni fa, per rendermi conto di quanto fossi condizionata dal modo e dall’ambiente in cui vivevo; tuttavia, anche allora, nel mio sotterraneo stava lavorando il timoniere.

Falco pellegrino – foto dal web
E mi rendo conto anche che ero una persona molto triste e frustrata, completamente fuori luogo rispetto al contesto in cui lavoravo. Io non c’azzeccavo niente con quel mondo! Ma proprio niente!! Ero tanto triste da non sapere più distinguere e tenere distinti il contesto lavorativo dal contesto personale. Ero talmente calata nel ruolo e nella quotidianità fasulla e delirante da non sapermi più ritrovare; in poche parole ero in gabbia e mi sentivo persa. A voi, scommetto, non è mai successo, vero? O sì?
Questo succede quando non si hanno più le energie per mantenersi liberi, nonostante si sappia di non essere più liberi. Le energie mi servivano per sopravvivere, per fare fronte al fuoco martellante che arrivava dall’esterno. E questo è durato molto ed è stato devastante; non ti davano il tempo di rialzarti dopo una bastonata che te ne arrivava subito un’altra. Lo racconto qui, perché potrebbe essere utile a qualcuno. Io non mi rendevo veramente conto di tutto questo; mi limitavo a subire e a resistere; accade sempre così. Me ne sono resa conto quando ho trovato la forza di liberarmene e di uscirne.

Civetta nana – foto dal web
Era inevitabile che io cambiassi, che lasciassi il mio lavoro; l’alternativa era fare una pessima fine… come accade ed è accaduto a molti. E io volevo vivere. Si è trattato di una questione di sopravvivenza; come si dice? Si trattava di decidere se vivere o morire. Solo ho aspettato troppo ed ho sfiorato il baratro, letteralmente. L’abitudine, la routine, la concentrazione per non soccombere, i condizionamenti… ecco, i condizionamenti sono stati come quelle catene che legano al collo dei cani maltrattati.

Pastore tedesco…alla catena – foto web
E’ che allora come adesso ero innamorata dei boschi e delle montagne e mi piaceva lavorarci. Li usavo come alibi e mi piaceva l’idea di guadagnarmi da vivere facendo qualche cosa che mi permettesse di stare nei boschi; ma era solo un’idea, un’illusione. In realtà ero talmente soggiogata dal contesto che i boschi li vivevo come una detossicazione necessaria a fine giornata, ma non me li godevo più. Ero davvero ingenua e forse vigliaccamente miope, perché mi guadagnavo da vivere, certo, ma non sopportavo e non condividevo nulla del contesto in cui ero costretta a fare parte. Era come vivere con l’orticaria in mezzo alle ortiche.

Ortica dioica
E se non bastasse, i boschi e le montagne li frequento anche adesso, in modo più assiduo e libero, come non mi succedeva da quando ero entrata nel meccanismo istituzionale e sono ritornati ad essere veramente una parte di me e non solo un necessario diversivo. Mi sono resa conto in questi due anni che ho perso molto, moltissimo tempo a recitare un ruolo che non mi apparteneva.
Ed era una recita talmente impegnativa per me che ad un certo punto ho cominciato ad ammalarmi fisicamente, senza capirne i motivi e senza rendermi conto. HO messo su chili, ho cominciato ad avere problemi alle articolazioni, alla schiena; ero cambiata dentro e inevitabilmente il mio corpo era lo specchio di quello che stavo vivendo. Adesso mi è tutto più chiaro. Si somatizza quando non si ha l’intelligenza e la forza di dire chiaramente a se stessi che si sta sbagliando strada. E anche qui, i condizionamenti pesano, ma le responsabilità sono sempre e solo nostre, di nessun altro. Possiamo toglierci la catena dal collo quando vogliamo, purché ci si renda conto che si è incatenati, ovviamente.

Somatizzare – dal web
Ricordo la delusione dei primi mesi lavorativi, vent’anni fa, quando venni assunta; avevo lavorato e studiato tanto per arrivare all’obiettivo e quando capii dove ero finita, beh… capii che avrei voluto andarmene e subito. Non faceva per me; troppa ipocrisia, troppa falsità, troppe cose non chiare, troppa paraculaggine, leccaculismi e regole non scritte e non dette volte al favoreggiamento e alla manipolazione. Scoprii che era la norma, che faceva parte “dei contro”, come mi venne spiegato da quelli più anziani di me. E io cercavo i “pro”, perché volevo vederli e trovarli… ma mi sa che la ricerca alla fine non ha prodotto risultati apprezzabili; non per me.

Scoiattolo rosso – web
Ho visto e capito tutto, fin da subito, eppure sono rimasta, perché non volevo che tutto cominciasse con un fallimento; lo avrei vissuto così. Eppure sapevo che non era il mio mondo, decisamente; per non parlare della misoginia e degli atteggiamenti pesanti che ogni giorno dovevo gestire per non entrare in conflitto e così il conflitto lo spostavo dentro di me e inevitabilmente lo alimentavo e cresceva, cresceva. Alla lunga mi ci ero abituata, ci si abitua a tutto col tempo, perché mi avevano convinta che non ci fosse un’alternativa migliore. Eccolo il condizionamento. E mi sono lasciata convincere, sbagliando.

Pecora
La discriminazione, l’evidente atteggiamento paternalistico misto a commiserazione; insomma ero finita nel posto sbagliato, con le persone sbagliate a fare un lavoro che non somigliava nemmeno tanto a quello che mi ero immaginata di poter fare. In tal senso, vorrei dire ai più giovani, di informarsi bene prima di entrare in una qualsiasi azienda a fare un qualsiasi lavoro; e magari ci si informa anche fra chi non si fa problemi a dire esattamente come stanno le cose e non da chi ha tutto l’interesse a raccontare palle. Perché un conto è la maschera di facciata e un conto sono le reali dinamiche interne di un contesto lavorativo. Tutta roba che si impara sbagliando; l’importante è non perderci troppo tempo.

Maschera di Pulcinella con corno – web
C’è voluta la pandemia per darmi lo scossone necessario; i periodi più difficili di solito mettono in bella mostra il peggio e il meglio di chiunque e di qualunque contesto. Anche di noi stessi, beninteso. E c’è voluto il cataclisma pandemico per far emergere il peggio del contesto in cui vivevo. In quell’anno e mezzo mi sono resa conto che non riuscivo a salvare nulla, ma proprio nulla del mio lavoro di allora ed è stata la leva salvifica che mi ha fatto finalmente propendere per il licenziamento; non trovavo più alibi per rimanere.

Foto web
I condizionamenti si sono sgretolati in pochi giorni, uno dopo l’altro. Se cercavo una conferma, il contesto me l’ha data in poco tempo. Ed è stata una liberazione, un senso di sollievo che non provavo da anni e mi ha fatto un gran bene. Non ho la vocazione della martire e tantomeno della leccaculo; non sono fatta per le mediazioni diplomatiche quando la diplomazia è messa in campo per coprire ciò in cui non credo e in cui non mi riconosco e non ho nemmeno la spinta competitiva tanto agognata da chi costruisce divisioni e gare fasulle per mettere i dipendenti gli uni contro gli altri, al fine di poterli gestire e controllare meglio. Il divide et impera, così come chi si presa a “spiare” per riportare alle alte sfere, a me ha sempre fatto schifo. E chi si presta mi ha sempre fatto pena; gli ignavi, i tiepidi, gli opportunisti… mah. Di questa gente è pieno il mondo e forse è proprio per questo che oggi viviamo come viviamo.

Foto web
Ed ora? Ed ora sono senza lavoro e ho un sacco di debiti sulle spalle, (fatti quando i condizionamenti a tutto facevano presagire tranne che a un cambio tanto repentino di vita) ma a chi oggi si trova in una situazione analoga e ha paura di cambiare a causa di questi concreti problemi contingenti che si possono verificare, posso dire una cosa sola: col senno di poi (e soprattutto di prima) io rifarei mille volte le scelte che ho già fatto, perché il senso di libertà che sto provando non ha prezzo!!! L’unico rimpianto che ho è di non averlo saputo fare prima.

Lupo – web
Se la pandemia l’avessero innescata prima, lo avrei fatto prima e mi sarei risparmiata un sacco di tempo perso a rimandare una decisione salvifica e inevitabile. Paradossalmente, questo casino mi ha permesso di riprendermi la mia vita, il mio amor proprio, la mia dignità e la mia voglia di fare, di crescere e di imparare. MI ha riacceso l’entusiasmo. Mi sono liberata delle zavorre e adesso mi libero anche delle zavorre fisiche e mi riprendo la mia salute.

CAVALLI MUSTANG – DAL WEB
Mi sono ripresa anche la voglia di vivere e di essere un essere umano libero; mi sono ripresa la libertà di scegliere ogni sacrosanto giorno come e che cosa voglio essere e fare per arrivare a realizzare una vita degna. Niente è facile, ma io non ho mai preteso una vita facile, tuttavia tutto assume un aspetto fattibile solo quando si agisce in piena coscienza. Mentre tutto diventa pesante quando ci si ostina a vivere con le catene al collo.
I condizionamenti? Ora li riconosco e li evito, ogni giorno; ogni volta che mi si presentano davanti; ogni volta che devo scegliere se fare una cosa perché mi conviene e perché l’esterno lo richiede, oppure perché amo farla, perché mi appartiene, perché la sento mia; scelgo sempre le ultime tre opzioni, ora. Sempre. Adesso lo so fare; mi ci è voluto qualche decennio di galera, ma alla fine ne sono uscita.

Dal Film “Dov’è la libertà” con Totò
MI sento in sintonia con quella tipa che avevo perso per strada, fuorviata dai condizionamenti, ma che ho ritrovato, finalmente, e non essendoci dissonanza fra quello che faccio e quello che sono, ora mi voglio molto più bene. La mia coscienza mi ringrazia; se mi guardo allo specchio mi rendo conto che c’è del lavoro da fare, per rimettere in ordine i casini che ho combinato anche al mio corpo in anni di condizionamento passivo, ma ora so di poterlo fare, ne ho la forza perché ho sciolto io le catene e mi sento libera di andare nella direzione che più mi somiglia. Ora posso ricostruirmi, con la fatica dovuta, ma nessuna fatica mi spaventa più adesso.

Non è semplice, non lo sarà, perché occorre reimparare tutto; è un po’ come rinascere, come rimettere in moto neuroni che per anni hanno sì lavorato, ma nascosti e in sordina, per non essere visti e per non essere esposti inutilmente al fuoco nemico. Adesso mi muovo senza nascondermi; non ce n’è più bisogno.
E non importa se sarà dura e se i loro meccanismi si prenderanno la casa, se non ci sarà tanto da stare allegri sul fronte finanziario, perché pago volentieri il prezzo; nessuna casa, nessuna proprietà o bene materiale vale la dignità di mantenersi integri, coerenti e liberi. E le loro regole perbeniste, il loro politicamente corretto, le loro strategie di controllo, i loro stratagemmi da scacchiera fallimentare, per me se li possono mettere dove vogliono. Io, per me, decido io… e a fanculo i condizionamenti!!

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