versi 1 – 85
Libro Primo
1. A narrare il mutare delle forme in corpi nuovi
2. mi spinge l’estro. O dei, se vostre sono queste metamorfosi,
3. ispirate il mio disegno, così che il canto dalle origini
4. del mondo si snodi ininterrotto sino ai miei giorni.
5. Prima del mare, della terra e del cielo, che tutto copre,
6. unico era il volto della natura in tutto l’universo,
7. quello che è detto Caos, mole informe e confusa,
8. non più che materia inerte, una congerie di germi
9. differenti di cose mal combinate fra loro.
10. Non c’era Titano che donasse al mondo la luce,
11. né Febe che nuova crescendo unisse le sue corna;
12. in mezzo all’aria, retta dalla gravità,
13. non si librava la terra, né lungo i margini
14. dei continenti stendeva Anfitrite le sue braccia.
15. E per quanto lì ci fossero terra, mare ed aria,
16. malferma era la prima, non navigabile l’onda,
17. l’aria priva di luce: niente aveva forma stabile,
18. ogni cosa s’opponeva all’altra, perché in un corpo solo
19. il freddo lottava col caldo, l’umido col secco,
20. il molle col duro, il peso con l’assenza di peso.
21. Un dio, col favore di natura, sanò questi contrasti:
22. dal cielo separò la terra, dalla terra il mare
23. e dall’aria densa distinse il cielo limpido.
24. E districati gli elementi fuori dall’ammasso informe,
25. riunì quelli dispersi nello spazio in concorde armonia.
26. Il fuoco, imponderabile energia della volta celeste,
27. guizzò insediandosi negli strati più alti;
28. poco più sotto per la sua leggerezza si trova l’aria;
29. la terra, resa densa dai massicci elementi assorbiti,
30. rimase oppressa dal peso; e le correnti del mare,
31. occupati gli ultimi luoghi, avvolsero la terraferma.
32. Quando così ebbe spartito in ordine quella congerie
33. e organizzato in membra i frammenti, quel dio, chiunque fosse,
34. prima agglomerò la terra in un grande globo,
35. perché fosse uniforme in ogni parte;
36. poi ordinò ai flutti, gonfiati dall’impeto dei venti,
37. di espandersi a cingere le coste lungo la terra.
38. E aggiunse fonti, stagni immensi e laghi;
39. strinse tra le rive tortuose le correnti dei fiumi,
40. che secondo il percorso scompaiono sottoterra
41. o arrivano al mare e, raccolti in quella più ampia distesa,
42. invece che sugli argini, s’infrangono sulle scogliere.
43. E al suo comando si stesero campi, s’incisero valli,
44. fronde coprirono i boschi, sorsero montagne rocciose.
45. Così come il cielo è diviso in due zone a sinistra
46. e altrettante a destra, con una più torrida al centro,
47. la divinità ne distinse la materia interna
48. in modo uguale e sulla terra sono impresse fasce identiche.
49. Quella mediana è inabitabile per la calura;
50. due oppresse dalla neve; e altrettante ne collocò in mezzo
51. che rese temperate mescolando fuoco e gelo.
52. Su tutte incombe l’aria, che è più pesante del fuoco
53. quanto più leggera è l’acqua del suolo.
54. Lì comandò che si raccogliessero nebbie e nuvole,
55. e ancora i tuoni che avrebbero poi turbato i nostri cuori,
56. e i venti che con i fulmini scatenano lampi.
57. Ma neppure a questi lasciò in balia l’aria
58. l’architetto del mondo: ancora oggi, benché le sue raffiche
59. ciascuno diriga in senso diverso, poco manca
60. che dilanino il mondo, tanta è la discordia tra fratelli.
61. Verso aurora si ritirò Euro, nel regno di Persiani
62. e Nabatei, tra le montagne esposte ai raggi del mattino;
63. in occidente, sulle coste intiepidite
64. dal sole della sera sta Zefiro; l’agghiacciante Borea
65. invase Scizia e settentrione; all’opposto le terre
66. sono sempre umide di nubi per le piogge dell’Austro.
67. E su tutto l’architetto pose l’etere limpido
68. e leggero, che nulla ha della feccia terrena.
69. Le cose aveva così appena spartito in confini esatti,
70. che le stelle, sepolte a lungo in tenebre profonde,
71. cominciarono a scintillare in tutto il cielo;
72. e perché non ci fosse luogo privo d’esseri animati,
73. astri e forme divine invasero le distese celesti,
74. le onde ospitarono senza remore il guizzare dei pesci,
75. la terra accolse le belve, l’aria mutevole gli uccelli.
76. Ma ancora mancava l’essere più nobile che, dotato
77. d’intelletto più alto, sapesse dominare sugli altri.
78. Nacque l’uomo, fatto con seme divino da quell’artefice
79. del creato, principio di un mondo migliore,
80. o plasmato dal figlio di Giàpeto, a immagine di dei
81. che tutto reggono, impastando con acqua piovana
82. la terra recente che, appena separata dalle vette
83. dell’etere, ancora del cielo serbava il seme nativo;
84. e mentre gli altri animali curvi guardano il suolo,
85. all’uomo diede viso al vento e ordinò che vedesse
Quella che qui viene descritta da Ovidio è una cosmogonia; è un termine che deriva dal greco [Kòsmos (mondo) e génésthai (nascere)]; se prendiamo in considerazione una delle sue tante varianti, ovvero quella mitico-religiosa, questa parola si riferisce alla creazione del mondo che spesso viene definita come “mito delle origini”. Le varianti cosmogoniche sono moltissime e diverse fra loro e sono state elaborate praticamente da quasi tutti i popoli della Terra fin dall’antichità; il motivo è intuitivo: l’essere umano tende a chiedersi da dove viene il mondo in cui vive, come ha fatto a crearsi il tutto.

In realtà queste sono domande che l’essere umano si faceva in passato, prima dell’epoca della Scienza, quella con la S maiuscola e l’h finale. Da un po’ di tempo pare che l’essere umano abbia tutte le risposte pronte e nessun dubbio, ma non divaghiamo.
Le cosmogonie dei vari popoli sono spesso molto diverse fra loro; ognuno si è dato una risposta differente a seconda della cultura e del tipo di spiritualità che lo contraddistingue; esistono popoli che attribuiscono la nascita del mondo a un’unica divinità che “PUFF”… fa nascere il creato dal nulla, mentre per altri, la Terra e l’intero Cosmo sono originati da un primigenio Uovo Cosmico.
Yggdrasill l’albero cosmico della mitologia norrena
Qualcuno ha pensato a un Creatore Supremo, tipico delle grandi religioni monoteiste, compresa quella cristiana, mentre altri hanno ragionato sui principi primordiali dai quali si sono sviluppate le successive realtà cosmiche.
Le popolazioni primitive credevano che i creatori, o il creatore operasse attraverso la magia e venivano visti come dei maghi, o degli sciamani, ovvero gli si attribuiva la capacità di creare attraverso la sola forza del pensiero.

Nei primi versi di Ovidio, come in tutte le cosmogonie, il tema centrale è il passaggio da una condizione di Caos al Cosmos, ovvero a una condizione di ordine. Per gli antichi greci il mondo è sempre esistito in una condizione di Caos, quindi non c’è mai stata una vera e propria creazione. Il Caos per i greci è l’originario stato della materia.
La battaglia tra gli dei e i titani, di Joachim Wtewael, 1600
Per la Genesi biblica, invece, la creazione avviene tutta in una volta e la realtà creata secondo un ordine prestabilito dal Creatore, prosegue la sua esistenza vivendo in autonomia, ma nelle cosmogonie arcaiche c’è invece un ordine che ha la necessità di essere continuamente sostenuto e mantenuto nel tempo attraverso riti prestabiliti.

Cosmogonia egizia
I miti che vengono presi in considerazione da Ovidio sono quindi molto differenti da quelli che, ad esempio, vengono descritti nella Genesi biblica. Nella mitologia greca Zeus ripristina l’ordine Cosmico combattendo contro i Titani (la Titanomachia era la cosmogonia precedente), mentre in Babilonia l’ordine viene ristabilito dopo la vittoria di Marduk su Tiamat.
Ovidio parla di un’origine del Mondo attraverso la separazione del cielo dalla terra, che in origine erano uniti in un unica massa indistinta, dalla quale nessuna forma avrebbe potuto avere origine. Con la loro separazione, si cominciò a stabilire un ordine cosmico e questo è presente anche nella cosmogonia dei popoli Maori e delle popolazioni polinesiane. L’Uovo Cosmico di cui parlavo poco prima si sarebbe separato in due metà; la metà del guscio superiore si sarebbe distinto nella parte celeste, mentre quella inferiore in quella della terra.

C’è un dettaglio importante che si riscontra sia nella Genesi che nelle Upanisad, ovvero l’importanza della “parola” del “verbo”, attraverso il quale, nominando ogni cosa del Creato, questa prende forma. Se ci si pensa è così che funziona: per l’essere umano, qualsiasi cosa prende forma quando si riesce a definirla, altrimenti rimane qualche cosa di astratto, di indefinito, (un caos cosmico?).
E infatti nelle sacre scritture si dice:
Gv 1,1-18 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

Nelle Upanisa, prima lettura, brahmana 4, Atman rende il mondo manifesto dando il nome e definendo con la parola la forma di ogni cosa e ogni elemento e creando così con la parola.
Insomma, Ovidio è uno dei tanti che ha detto la sua e a modo suo a tal proposito, ma io direi che l’ha detta in modo limpido, chiaro e che influenzò molti altri poeti successivi, fino al primo Rinascimento e ai tempi nostri.
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