Ieri ho disegnato un gallo, con gli acquerelli e le tempere.
Quando ero piccola, a casa mia c’erano sempre le galline. Ne avevamo molte, perché le uova servivano sempre, in famiglia. Oltre a noi sei, mia madre, mio padre, io e altri 3 fratelli, c’erano anche i nonni e i prozii e tutti abitavano nello stesso maso. In tutto eravamo in 12. E le uova delle dieci, undici galline servivano tutte, per mangiarle.
Ogni tanto i galli e le galline sparivano, perché se le mangiava la volpe, oppure le tiravano sotto alle macchine e a me dispiaceva sempre un sacco; per me le galline sono animali speciali, anche se tutti pensano che sono stupide, ma non è vero niente!! Quando a casa spariva un gallo o una gallina e poi un altra e magari un’altra ancora, si facevano fare i pulcini alle galline. La chioccia covava le uova sotto a un cestone, di quelli fatti a mano da mio padre, così i pulcini non se ne andavano in giro quando le uova schiudevano. Di solito la si metteva nel fienile e le si dava da bere e da mangiare finché le uova non schiudevano, così se ne stava tranquilla. A volte ne nascevano davvero tanti di pulcini, anche più di dieci. E così la mamma chioccia allevava i pulcini e qualcuno riusciva a diventare adulto prima di essere mangiato dai gatti, o da qualche altro animale.
Io le osservavo a lungo, le galline; tutto il giorno a razzolare sui mucchi di letame maturo, per papparsi qualche lombrico succulento, o qualche grossa larva, oppure a zonzo nei prati a spiluccare erbette; oppure, quando avanzava l’insalata giravano attorno all’orto e si mangiavano anche quella. Quando le vedevo che si facevano i bagni di terra sotto la legnaia dei vicini, pensavo:” Io ci farei la firma a nascere gallina!” Le invidiavo moltissimo, anche perché a casa nostra, raramente finivano in padella, le galline. E a me piacciono le uova; mi son sempre piaciute un sacco, mi spiace per chi legge ed è vegano, ma io alle uova non rinuncio!
Al mattino mia nonna o mia mamma ci sbattevano due uova e poi ci mettevano un po’ di zucchero e un goccio di caffè; era l’unico tiramisù che conoscevo, ma bastava e avanzava. Qualche anno dopo, ho scoperto il vero tiramisù (da adolescente, perché non era un dolce che si faceva a casa mia) e vi so dire perché è un dolce che ha tanto successo: perché ricorda alla gente l’ovetto sbattuto dalla nonna.
Per non parlare di tutto quello che ci si cucinava con le uova; le uova erano sinonimo di dolci, ma a casa mia ci recuperavano anche il pane vecchio con le uova, perché lo tagliavano a dadini, lo tostavano col burro e poi ci aggiungevano le uova e vi assicuro che era una delizia!! Oppure, semplicemente si facevano le uova fritte in padella, o sode, da portarsele dietro quando si andava al pascolo con le vacche, che non so se ve l’ho mai detto, ma io facevo la pastora da piccola. 😀 😀
E sì, insomma, io da piccola invidiavo le galline, che a parte fare uno o due uova al giorno, loro non facevano molto altro, mentre io dovevo lavorare. Una volta abbiamo avuto un gallo assassino, così lo chiamavo io. Era uno di quei galli splendidi e grandi, con le piume colorate d’arancio sul collo con una splendida coda nera e ricurva e le piume sul petto di un verde metallico davvero magico; uno spettacolo di gallo, insomma. Purtroppo aveva il malsano vizio di attaccarti alle spalle se non ci stavi attenta. Ci sono dei galli così, a volte. Loro difendono le galline e qualcuno di questi galli prende il lavoro un po’ troppo sul serio e diventano aggressivi.
Io ci stavo attenta, perché i galli non hanno solo le piume belle, ma hanno anche degli speroni che se usati come si deve, sono davvero dolorosi, e soprattutto per un bambino, anche pericolosi. Ti attaccava alle spalle, di solito, e se ti arriva un gallo alle spalle, tu non è che lo senti arrivare; te ne accorgi quando ti ha piantato uno sperone nel polpaccio. Se andava bene, le ferite erano poco più che dei graffi, ma a volte riusciva a infilzarti proprio e dove ti prendeva, ti faceva un taglio mica da niente! Poi ci riprovava, finché non lo cacciavi a calci. Era un gallo al quale piaceva fare il gallo; un attaccabrighe, insomma!
Poi accadde che una sera, mia nonna andò a chiudere il pollaio e io l’aiutavo spesso, perché alcune galline non ne volevano sapere di entrare e così bisognava fare un paziente lavoro di convincimento, onde evitare che rimanessero fuori la notte e venissero pappate dalle faine o dalle volpi. Bene, con un gallo geloso delle sue galline, questo lavoro di cattura diventava una vera impresa; una faccenda mica da ridere, insomma. E quella sera, mentre mia nonna metteva l’ultima gallina nel pollaio, il gallo attaccabrighe le si avventò contro e le fece un taglio di tre centimetri alla mano.
C’era sangue dappertutto e il gallo non smetteva di attaccare, finché mia nonna perse davvero la pazienza e gli diede un calcio ben assestato… il gallo se ne andò nel pollaio e io chiusi la piccola porta di legno. FINE
Sì, fine, perché il giorno dopo a pranzo c’era la vellutata di pollo.
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