Sveglia all’alba; oggi mi faccio una corsetta in posti poco frequentati, mi son detta. Mi alzo, mi lavo e mi vesto, carico il cane e prendo su la vecchia golf e mentre il sole comincia a rischiarare un po’ l’aria, arrivo dove i prati degli altipiani si allargano all’infinito.
Scendo, freddo, cioè, più o meno sei gradi. MI tengo la giacca imbottita addosso, anche se so che poi mi darà fastidio, ma non ho il coraggio di toglierla. Mentre mi cambio le scarpe, faccio scendere il cane dal bagagliaio. Lei gironzola curiosa annusando l’aria e il terreno e poi mi si fa vicina, stranamente vicina. E si siede, con le orecchie dritte; ha fiutato qualcosa, o qualcuno. Eh no, penso, mi alzo all’alba per avere i prati solo per me e adesso mi tocca pure proferire parole di convenienza con gente sconosciuta? La mia indole da eremita burbera e montanara fa capolino spesso, in queste occasioni. Ma invece no; il cane ha fiutato qualche animale, solo che non si riesce a capire di che animale si tratta. Ma lei, il cane, ha un atteggiamento davvero strano. Mi sta appiccicata alla gamba, orecchie dritte.
Mah, penso, ci sarà in giro qualche cervo… e continuo ad allacciarmi le scarpe. Prendo su anche la macchina fotografica nello zainetto; si sa mai che incontro qualche drago o qualche gnomo nel folto della foresta. Il sole adesso comincia ad allungare le braccia sull’erba e la rugiada comincia a brillare. Ci mettiamo in moto; il cane sempre appiccicato alla mia gamba. Che strano, penso. Ma poi lascio perdere e mi perdo a guardare l’alba.

Ci avviamo, pian, piano e poi accelero un po’ e lei finalmente si discosta da me e mi segue. L’erba bagnata di rugiada fa da cuscino sotto le suole e l’odore familiare dei fili secchi che ondeggiano appena nell’aria fredda, si mischia con quello della terra che si sta preparando a riposare. Comincio a sorridere; mi capita sempre quando mi sento a casa ed il ritmo del passo diventa altrettanto familiare.
Si va avanti e intanto il sole sale. Le ombre allungate giocano con i cristalli di rugiada e questi momenti di passaggio da una condizione all’altra, quando la luce vira e trasforma lentamente le forme del mondo, mi mettono un po’ di malinconia; sto comunque attenta a tenermi il sorriso, che anche quello è un allenamento; forse fra i più ostici di questi tempi, ma la Natura aiuta molto.
Oltrepasso il momento malinconico-critico ed i primi raggi cominciano a scaldare l’aria. E poi lo vedo, lontano, sul culmine della collina; la sagoma perfetta di un grosso lupo che ci osserva da una posizione di favore. Penso che ce ne potrebbero essere altri e provo a guardarmi attorno e no, non vedo nulla; ma questo non significa che non ci sono e se ci sono, sono sicuramente nascosti dietro il crinale.
Il cane mi guarda, fa due passi avanti, poi mi gira attorno e mi si mette dietro, vicino, attaccato alla gamba come prima, e adesso capisco il perché. Accorcio il guinzaglio. Provo a prendere la macchina fotografica, ma so già che per riuscire a immortalare un lupo da quella distanza, dovrei avere molta fortuna. E infatti appena riesco ad alzare l’obiettivo, lui si defila e io non ho nemmeno il tempo di scattare. Sorrido. Pazienza. Il cuore mi batte un po’ e il cane guaisce appena. Già che ci sono scatto qualche foto al paesaggio.


Ci rimettiamo in cammino e cerchiamo di guadagnare la collinetta da dove lui ci stava osservando, giusto per capire se sta ancora lì, se è solo o se è già andato via; si sa mai che avvicinandomi, prima o poi riesco a vederlo da vicino. Il cane adesso è tranquillo e questo significa che probabilmente non ci sono più lupi nelle immediate vicinanze. Mi concentro sul passo e sul respiro e poi incontro loro; le rose selvatiche che in questa stagione mettono in bella mostra le loro bacche rosse. Scatto qualche foto prima di ripartire e chiudere il giro. Il cane annusa in continuazione il terreno; probabilmente i lupi sono passati di lì, o forse ci è passato qualche capriolo, o qualche cinghiale.

Per ora nessun animale a due zampe, ovvero quelli più pericolosi. Il meglio delle ore mattutine si ha prima che la gente si svegli e cominci a invadere il mondo con le solite urla e schiamazzi. Cerco sempre di evitare. Il silenzio permette di concentrarsi sui dettagli minimi, invece, che è sempre una buona meditazione per l’anima.
Il microcosmo è un mondo nel mondo, che a sua volta contiene altri mondi e noi, che vediamo solo il nostro piccolo mondo, pensiamo che quello, il nostro, sia l’unico mondo; eppure basta guardarsi intorno per capire che anche noi siamo come quelle minuscole particelle di rugiada sui fili proteici di una tela, o forse anche meno.



Il sole comincia ad alzarsi e le prime macchine salgono dalla strada e noi sentiamo i motori; non ci piacciono i motori e io e il cane decidiamo che è ora di rientrare, prima che gli ultimi tenaci fungaioli comincino ad invadere il campo.
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