Mio nonno cucinava la pinza più buona del mondo.

Quando ero piccola mangiavo “la pinza”; è così che si chiama il pane fatto in casa, qui da noi. La casa profumava sempre di pane appena sfornato e polenta cotta sul fuoco vivo della stufa. Il latte veniva munto e in parte venduto al casello del paese; il rimanente veniva messo in larghe bacinelle di latta smaltata di bianco, con un bordino azzurro-blu. Veniva lasciato lì al fresco della camera esposta a nord, perché si formasse la panna. Poi veniva scremato con un cucchiaio grande, più e più volte. La panna veniva messa nella zangola e si faceva il burro. Con il latte che rimaneva si faceva la ricotta ed il formaggio.

C’erano due tipi di zangole: una a manovella, dove le pale interne giravano a mulinello, sbattendo la panna finché non diventava burro e la parte più grassa si separava dal siero, l’altra era la zangola “a pistone”, ma in casa nostra si usava meno. Noi avevamo una zangola a mulinello fatta di legno colorato di azzurro; mi piaceva quell’azzurro, forse perché lo associavo a un buon cibo, non so.

A volte il mio nonno materno, quando lo si andava a trovare su al maso, prima di fare il burro, dava a noi bambini la panna montata che lui chiamava “putter”; ci metteva del cacao dentro, in modo da farci una cioccolata golosissima. Spalmava questa crema da finimondo sulle fette di pinza tiepida; io non ho mai mangiato nulla di più buono. La pinza come la faceva mio nonno, non la sapeva fare nessuno! E se non aveva il cacao, ci metteva il “putter” con un po’ di zucchero sopra, e fine. Era sempre buonissima!!!

Si era fatto due guerre, mio nonno, ma non ne parlava mai volentieri. Durante la seconda guerra era scappato con un altro prigioniero da un campo di concentramento in Polonia, ma non disse mai il nome di quel campo. Era riuscito a ritornare a casa, a piedi, rubando i vestiti stesi al sole nelle case dei contadini e attaccandosi con una corda sotto i convogli dei treni merci.

In Africa aveva visto ammazzare gente con le sciabole e aveva conosciuto la bestialità umana, quella vera. E io lo guardavo quando provava a raccontare qualcosa e poi piangeva e rimaneva muto. Era rimasto vedovo presto, quando mia madre che era la più grande, aveva diciotto anni. Le due figlie poi si erano sposate, ed uno dei due maschi era morto in un incidente stradale, perché faceva il camionista. L’altro figlio, il più piccolo, era rimasto a casa con lui per un po’ di anni, ma poi si sposò anche quello e mio nonno rimase solo.

Viveva come sapevano vivere i vecchi di una volta; con il minimo indispensabile. Aveva le sue cinque vacche ed i prati da falciare in estate e noi si andava a trovarlo, soprattutto la domenica, dopo pranzo. Negli ultimi tempi viveva in casa con suo figlio e la nuora e non fu felice; io andai a trovarlo ogni anno quando compiva gli anni, cucinandogli prima un dolce. Ci andavo a piedi, con il dolce in mano, facendo tre chilometri in salita. Si facevano ste cose, una volta.

Finché lui abitava da solo, lo incontravo spesso con le sue vacche quando io portavo al pascolo quelle delle mia famiglia e allora si stava qualche ora insieme su per i pascoli e camminando nei boschi; lui mi raccontava cose del passato, quelle più belle, ma per lo più se ne stava zitto; non era di molte parole, ma era comunque un’ottima compagnia. Pure io non ero molto chiacchierona.

Si camminava insieme, in silenzio; poi ci si metteva a tagliuzzare qualche bastone, a decorarlo e io guardavo lui e imparavo e poi cercavo di mettere in pratica. Mi diceva come andavano gestite le vacche, dove c’era erba buona, dove si potevano trovare i funghi, come si potevano curare gli animali quando avevano qualche magagna. Anche lui camminava piano, perché era anziano; aveva il mio stesso ritmo, anche se io ero solo una bambina e ci si capiva al volo.

Si portava sempre un pezzo di pinza che divideva con me e io davo a lui un po’ del cibo che mi ero portata. Si andava a mangiare dove c’erano le pozze d’acqua per abbeverare le vacche, o più in alto, quando le vacche avevano già mangiato e bevuto e si sdraiavano a terra per ruminare. Noi ci sedevamo sull’erba; lui sulla sua giacca di panno che poi rimetteva sulle spalle. Poi lui con le vacche prendeva sempre un’altra strada e ci si salutava, dandosi appuntamento per il giorno dopo. Io lo capivo; capivo che voleva restare solo, perché anch’io ero un po’ come lui.

ALICESPIGA82 HA SMOSSO QUESTI RICORDI CON UN SUO POST.

34 risposte a “Mio nonno cucinava la pinza più buona del mondo.”

  1. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

    Eh, la pinza. MI sono sempre forzato campanilista per i piatti buoni. Ma non mi riesce, colpa anche della pinza. 😀

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      E meno male!! Io non ho pregiudizi in fatto gastronomico! Quel che mi piace, lo magno e ringrazio la terra e il campanile che lo ha prodotto. E’ un’apertura interessata, la mia. 😀 😀

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      1. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        E allora che arancini e caponata siano😄

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      2. Avatar Elena Delle Selve

        Ah sì!! A oltranza!!! 😀

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      3. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        Quella è roba d’oltranza 😄

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      4. Avatar Elena Delle Selve

        Ho un piccolo problema nel controllarmi, in effetti. Con l’età ho imparato un po’ a desistere, ma sulle cose che mi piacciono, davvero ho bisogno di un freno esterno, perché io a tavola mi metto sempre in folle… ci passerei ore, a mangiare. Mi piacciono i pasti lenti e ricchi e in tal senso, mio nonno mi somigliava parecchio. 😀

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      5. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        Non c’è altro modo per stare a tavola, per fortuna.🙂

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      6. Avatar Elena Delle Selve

        Eh, fosse vero!! Nella maggior parte dei casi, io vedo gente che nemmeno si siede quando “deve” mangiare. Reputo questi comportamenti incivili. Il pasto è sacro, per me; piuttosto che mangiare con l’ansia di “non stare dietro ai commensali”, (per anni i pranzi di lavoro sono stati questo, per me) mangio da sola, con calma, quanto e come voglio, dedicandoci il tempo dovuto. E fanculo le ansie da cronometro!

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      7. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        Perfetto, approccio perfetto. Mai delegare a pasti lenti, meglio saltarli.

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      8. Avatar Elena Delle Selve

        Concordo. Quando vado a camminare, ad esempio, lo zaino è predisposto al pasto; poche cose eh, niente di complicato, ma buone e che prevedono un masticamento lento di un paio d’ore, possibilmente in un posto magico per miscelarvi la contemplazione. Niente è più salutare di un buon pasto consumato in un bel posto. Di avere appresso gente che magia le barrette mentre cammina, mi viene l’orticaria. Meglio avere lo zaino leggero, arrivare in rifugio e mangiare per un paio d’ore, piuttosto. 😀 😀

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      9. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        Consiglio pane e pomodoro, è la sintesi perfetta, se olio e origano sono giusti.😄

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      10. Avatar Elena Delle Selve

        Mangiai olio pane e pomodoro nei boschi quando lessi un romanzo che parlava di un ragazzo che denunciò i mafiosi del suo paese; si chiamava Vincenzo, faceva il pastore e mangiava pane e pomodoro. Io mi immedesimo sempre e mangio le cose che trovo nei libri, per capire che gusto hanno. Il romanzo parlava della ‘ndragheta calabrese. Associo questo cibo al coraggio e alla purezza. Il romanzo me lo ricordo nei passaggi fondamentali, anche se sono passati anni, perché lo lessi più volte, ma stranamente non ricordo il titolo; si vede che era di quello che avevo bisogno all’epoca. Ero una ragazzina molto arrabbiata. 😀

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      11. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        “È indispensabile che tutti gli esseri e tutti i popoli saggi della terra capiscano che pane e pomodoro è un paesaggio fondamentale dell’alimentazione umana. Piatto peccaminoso per eccellenza perché comprende e semplifica il peccato rendendolo accessibile a chiunque. Piatto peccaminoso in quanto può significare un’alternativa a tutto ciò che è trascendente, a tutto ciò che è pericolosamente trascendente, se diventa cultura della negazione. Non fate la guerra ma pane e pomodoro. Non votate per la destra ma mangiate pane e pomodoro. No alla NATO e sì al pane e pomodoro. Ovunque e sempre. Pane. Pomodoro. Olio. Sale. E dopo l’amore, pane e pomodoro e un po’ di salame”. (Manuel Vasquez Montalban)

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      12. Avatar Elena Delle Selve

        Beh… ha detto tutto! E penso abbia anche ragione! Il cibo è spesso legato al peccato, perché pur sempre peccato di gola è. Ma anche qui, il mondo è fattoper essere vissuto e goduto, che altrimenti Dio non ci avrebbe dato il pane e non ci avrebbe dato il pomodoro e in quanto tali, son peccati veniali, via! E se anche non fosse, come non peccare?!! 😀 😀 Il punto è che i miei pomodori stanno maturando ancora, ma sono gli ultimi…e il pane fatto in casa con i pomodori da super mercato, quelli che non sanno di niente, è blasfemia! Ancora fino a metà settembre, forse prima, e poi basta. Il pane e pomodoro qui lo sostituisco con la torta di castagne, con il pane burro e marmellate fatte in casa, con il pane e tutto il resto che non sa di industria.

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      13. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        Ho castagne anche io, abbondanti, ne mio purgatorio. Ma il pomodoro me lo porto dietro, seccato, battuto a mortaio, sotto olio che pizzica.😄

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      14. Avatar Elena Delle Selve

        Ah beh… questi trattamenti alchemici io non li so ancora fare, ma posso pur sempre imparare, che mi danno tanto la sensazione di gusto pieno e buono. 😀

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      15. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        Sensazione irrinunciabile, anche se crea dipendenza 😄

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      16. Avatar Elena Delle Selve

        Conosco questo tipo di dipendenze… e ne so gestire gli effetti (dico sempre così, io); non mi spaventa.

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      17. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        Ah, io ne sono felicemente schiavo.

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      18. Avatar Elena Delle Selve

        😀 E’ l’unico tipo di schiavitù che potrei accettare anch’io, in effetti. 😀

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  2. Avatar Ashley

    Wonderful memories! Today, here in the UK, we are also full of memories as we mourn our late Queen.

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Non so capire questo sentimento, Ashley… penso che nel nostro paese, nessuno piangerà mai per un politico o per un’autorità. Non oggi. Ma per gli inglesi presumo sia diverso.

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      1. Avatar Ashley

        I am in mourning for our Queen. She was NOT a politician and yet she had influence! I believe in the institution of the monarchy but I follow what my government ask of me! In other countries, the monarchy has been replaced, but here, we, the people, have accepted their history, our history, and asked them to join with us, the people, to move forward into the future! 🌹🙋‍♂️

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      2. Avatar Elena Delle Selve

        Sure, I can guess what you mean, but obviously I can’t understand it, Ashley. In Italy, relations with institutions have fallen apart over time. There is no identification with those who govern me and I do not have a feeling that binds me to those in power. It’s a world I don’t know.

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      3. Avatar Ashley

        Elena, I agree, I don’t always have faith in those who govern us! I wish i could speak with you, more openly! Have a wonderful Sunday! 🙋‍♂️

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      4. Avatar Elena Delle Selve

        Happy Sunday to you too, Ashley

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  3. Avatar Evaporata

    Che immagini meravigliose, io ho conosciuto solo un nonno per pochi anni, ma era un vecchio ubriacone pure cattivo.

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Hmm… ho conosciuto anch’io uomini così; gente che nasce per rovinare la vita a se stessi e al prossimo. Ne ho conosciuti e visti fin troppi; uno dei problemi delle valli alpine (e non solo) è l’abuso di alcool, ora come allora.

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  4. Avatar poetella

    beh, chiacchierate parecchio, eh?
    io dico solo che questo post è una meraviglia.
    Profuma!

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Qui chiacchiero come non faccio mai, Poetella!!! 😀 😀 😀 Ti ringrazio…

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      1. Avatar poetella

        😓😘🤗

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