Si chiamava come una marca di dadi per il brodo vegetale, di cognome; era un letterato, di quelli che se gli chiedevi la differenza fra la metafisica di Aristotele e la metafisica di Cartesio ti sapeva rispondere con cognizione di causa, ma sapendo perfettamente che poteva dire tutto quello che gli passava per la testa; tanto il livello medio di cultura generale era talmente basso che nessuno avrebbe saputo contraddirlo. E ovviamente sempre per questo motivo, nessuno mai gli fece una domanda di questo calibro.
Tralasciava la parte critica come se gli fosse avulsa e antipatica, sempre, ed era molto accondiscendente con qualunque interlocutore, tranne con quelli che la parte critica la pretendevano. Con quelli adottava la tattica dello sguardo di commiserazione e sufficienza, trincerandosi dietro a uno studiato silenzio ed ostentando un sorrisetto ironico. Questo bastava a rendere qualsiasi suo interlocutore che dimostrasse un minimo di senso critico, ridicolo agli occhi del suo pubblico adorante.
In varie occasioni si prestò a leggere in pubblico i classici della letteratura, come la Divina Commedia di Dante e le Metamorfosi di Ovidio; ottenne un odiens televisivo mai visto in tali occasioni. Ovviamente lui spiegò i testi a modo suo e nessuno osò replicare, nemmeno quando definì Beatrice come una “cortigiana fiorentina che incarnava l’archetipo di Afrodite”. Disse anche che “Le Metamorfosi” sono un inno alla bistrattata mancanza di coerenza, perché una persona ha il diritto di “cambiare idea all’occorrenza”.
A dispetto del suo cognome che richiamava una fonte sintetica del gusto in cucina, scriveva lunghi articoli che dicevano tutto, ma sapevano nella sostanza assolutamente di niente. Ma anche qui, nessuno si avvedeva dell’insipienza per ovvi motivi di livello basso di cultura dei lettori e tutti si compiacevano del suo stile falsamente aulico, ma pur sempre comprensibile dai più. Scriveva sulle riviste più in voga e su un paio di quotidiani nazionali; veniva pagato bene, molto bene e spesso compariva nelle trasmissioni televisive come ospite d’onore.
Veniva intervistato un po’ovunque e da chiunque, anche sui social; un paio di volte si è anche fatto vedere con una moglie giovanissima, molto più alta di lui e vestita da Armani, sul red carpet alla mostra del Cinema di Venezia… perché faceva anche il critico cinematografico, all’occorrenza. Non aveva mai stroncato un film, per il semplice motivo che tutti i film erano “approvati” ancor prima che uscissero.
Quando un giorno gli venne chiesto cosa ne pensasse dell’attuale governo, rispose elogiandone le gesta e si profuse in un monologo evidentemente ben preparato in precedenza, dove riusciva a lisciare sia la maggioranza che l’opposizione, senza distinzione di sorta e con un’enfasi e una tattica di lingua che un formichiere non ci avrebbe mai potuto mettere nel pasteggiare su un termitaio.
La gente lo adorava, perché era signorile, sempre elegante e non alzava mai i toni nemmeno quando in un’occasione venne schiaffeggiato in una delle tante risse televisive costruite ad arte; lui passava sempre per quello che stava dalla parte giusta e non importava se la parte giusta stava una volta di qua e la volta successiva di là. Lo schiaffeggiatore (un attore emergente e pure lui ben pagato) venne condannato a un anno di reclusione e al pagamento delle spese processuali, nonché di un’esosa cifra per danni morali e fisici, giusto per rimarcare che l’intellettuale che portava il nome di un dado, non poteva avere torto.
Lui era sempre quello che nel marasma si prendeva la ragione e ne usciva trionfante, con la piena approvazione del pubblico. Sapeva conquistarsi le folle con una parlantina che evidentemente si rifaceva alla rinomata scuola americana di PNL e forse anche alle 11 tecniche di manipolazione usate da Gobbels nella Germania nazista.
Gli venne proposto di entrare in politica e ovviamente accettò; divenne presidente del partito di maggioranza e in poco tempo seppe conquistare le simpatie anche dell’opposizione, perché aveva una tecnica di mediazione diplomatica invidiabile, ben oliata da un sistema sotterraneo di strane bustarelle che giravano e che nessuno seppe mai capire come funzionasse, ma che comunque portava ad ottimi risultati; tanto che alla fine di ogni suo intervento in Parlamento, i partiti avversari dovevano tenersi le mani per non applaudire. Era lui il migliore; l’esempio da seguire, l’uomo del momento che serviva per trainare tutti verso un successo inevitabile, risollevando le sorti sociali, economiche e politiche del paese.
Ovviamente era al soldo di strutture internazionali che avevano tutti gli interessi per fare di lui il punto di riferimento in un’area ben definita del mondo; lo ricattavano giusto il necessario per farlo rimanere su posizioni diplomatiche predefinite. Di contro, lui si lasciava ricattare di buon grado.
Dichiarava guerra a comando e dichiarava trattati di pace altrettanto a comando. Gestiva anche le questioni finanziarie interne a comando ed elargiva minimi aiuti da elemosina, per far capire al popolo quanto buon cuore avesse il governo e quanto gli stessero a cuore gli interessi dei singoli cittadini e del suo paese. Nel frattempo faceva gli interessi delle grosse finanziarie e delle multinazionali estere, affinché l’economia del paese che governava andasse a scatafascio ed i magnati esteri potessero comprare le proprietà delle aziende andate in fallimento. Incentivò l’aumento dei prezzi per l’energia e diede man forte a chi riversava le colpe su conflitti esteri.
Promulgò anche leggi che permettevano la svendita di litorali, centri storici e demanio pubblico al miglior offerente. Privatizzò quatto, quatto anche il bene pubblico per eccellenza, ovvero l’acqua, senza che nessuno nel paese se ne avvedesse e ne parlasse.
Compariva sempre più raramente in pubblico, studiando il ruolo di politico e intellettuale impegnato per il bene del paese. Il popolo sempre più affamato, lo adorava, perché solo lui avrebbe potuto salvarli!! Poi, un giorno, lui decise che era stanco di fare il politico e decise di trasferirsi in Svizzera, a godersi i frutti delle sue speculazioni ed il meritato compenso per i suoi servigi a chi aveva pilotato ogni suo passo politico.
Si dimise e tutti piansero, perché se ne stava andando il migliore. Fu il panico e mestamente si tentò una riorganizzazione; tuttavia la confusione durò poco, perché già un’altra esponente del mondo politico era pronta a prendere il suo posto e portare avanti gli interessi dei potenti. Bastava indire le elezioni ed il gioco era fatto.
Così morto un intellettuale si fece un politico e morto un politico, se ne fece un’altra.
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