LA NINFA IO E GIOVE – ARGO E MERCURIO – LA NINFA SIRINGA E PAN
LIBRO PRIMO
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Nella precedente lettura delle Metamorfosi, si parlò di Febo e Dafne e di come il primo si innamorò della ninfa e lei si tramutò in un albero di alloro, mentre fuggiva disperata per sfuggire alle bramosie del Dio del Sole.
Qui Ovidio ci racconta di un’altra Ninfa, anzi di due ninfe: Io e Siringa. I due racconti si intrecciano fra loro e questo accade spesso nelle Metamorfosi; occorre prestare quindi un po’ di attenzione alla trama.
Accadde dunque che tutti i fiumi si riunirono per consolare il Fiume Peneo che aveva perso la figlia Dafne, oramai tramutata in una pianta d’alloro; a tal fine conferirono tutti nel bosco di Tempe, ma ne mancava uno: il fiume Inaco. Inaco era padre della Ninfa Io, la quale sembrava scomparsa e nessuno riusciva più a ritrovarla e questo struggeva il padre di dolore. Che cosa era accaduto a Io?
Come spesso capitava, la scomparsa di Io era dovuta alle vicende che interessavano gli dei e in particolare di Giove e della moglie Era; il primo un donnaiolo impenitente e la seconda una vendicativa consorte molto gelosa.
Era e Zeus in una delle tante scene nel cartone animato Pollon, dove Era si vendica a modo suo dei tradimenti di Zeus
Giove vide dunque la splendida Ninfa Io che tornava dal fiume paterno e subito cominciò a inseguirla, finché la raggiunse mettendo in atto uno stratagemma che costrinse la povera Io a fermarsi; Giove mandò sulla terra una fitta nube di nebbia grigia e così Io non seppe più orientarsi e Giove la raggiunse e “le rapì il pudore”, come racconta Ovidio.
Giove ed Io, miniatura tratta dalle ‘Metamorphoses’ successivo al 1531, Bodleian Library, Oxford
Era, la moglie, dall’alto dell’Olimpo si accorse però di quella nebbia anomala che copriva la Terra in pieno giorno e si insospettì; ben conoscendo Giove e avendolo colto in flagrante tante volte, decise di indagare; si portò sulla Terra, scendendo dall’ Olimpo e ordinò alle nebbie di dileguarsi. Giove però aveva a sua volta presentito l’arrivo della consorte e prima che lei lo raggiungesse, aveva trasformato la povera Ninfa Io in una splendida e candida giovenca. Era fa buon viso a cattivo gioco e loda la bellezza dell’animale che trova in compagnia di Giove, chiedendo a chi appartenesse. Ma Giove finge di non sapere di chi fosse e così Era, gli chiede di regalargliela.
Era scopre Giove con Io. Figurano anche il Dio Pan (il dio dei boschi, della lussuria e della passione) e Eros (il dio dell’Amore).
Andrea Schiavone – Paesaggio con Zeus e Io che vengono scoperti da Era – 1510.
Giove è combattuto, perché sa che sarebbe crudele consegnare Io ad Era, ma nel contempo teme di essere scoperto e così, a malincuore, regala la povera Io alla moglie, per dissipare ogni dubbio. Era temeva però che Giove gliela portasse via, avendo capito l’inganno e così affidò Io ad Argo, il figlio di Arèstore, affinché vegliasse su di lei. Argo aveva la testa contornata da cento occhi e questi occhi si riposavano a turno, a due a due alla volta. Era impossibile portargli via la Ninfa Io.
Musei Vaticani – Pinturicchio – Argo che veglia con i cento occhi su Io. 1495 (particolare)
Io intanto soffriva terribilmente la sua condizione di Ninfa mutata in animale e seguiva il padre Inaco e le sorelle, cercando di attirare la loro attenzione, in modo che capissero che si trattava di lei, della figlia e della sorella e non di una una giovenca. Per farsi riconoscere dal padre, Io scrisse quanto le era accaduto tracciando parole con una zampa sulla sabbia. Quando il padre Inaco finalmente capisce, si dispera e abbraccia la figlia Io, ma Argo lo scaccia, portando la Ninfa verso altri pascoli e mettendosi di vedetta, affinché nessuno la avvicinasse. Giove però non può più sopportare che Io soffra tanto e così chiama il figlio Mercurio, o Ermes, e gli ordina di uccidere Argo.
Ermes o Mercurio, arriva chiamato da Giove. 🙂
Mercurio si presenta ad Argo con la magica bacchetta che induce al sonno, il caduceo, ma prima si toglie il copricapo e le ali dai piedi, in modo da non farsi riconoscere.
Mercurio, prima di presentarsi davanti ad Argo, si toglie i calzari e l’elmo.
Si finge un pastore e si avvicina ad Argo, rubando delle pecore di qua e di là sui pascoli, perché Ermes è anche il dio dei ladri. Mentre si avvicina suona uno strumento fatto da canne unite fra loro.
Il Flauto di Pan
Oltre al flauto di Pan esiste anche un altro strumento a fiato fatto con le canne palustri e che fa parte del folclore sardo e che si chiama Launeddas.
Argo rimane affascinato da quei suoni e invita Mercurio a sedersi accanto a lui e a continuare a suonare. Mercurio si siede e chiacchiera amabilmente con Argo, suonando lo strumento con lo scopo di fare addormentare i cento occhi che vigilano su Io. Argo tenta di resistere al sonno con tutte le forze e visto che c’è, chiede a Mercurio se gli sa dire come è stata inventato lo strumento a fiato che tiene in mano.
Alejandro de la Cruz – Argo e Mercurio – 1773
Allora Mercurio racconta di una Naiade famosissima che le compagne chiamavano Siringa. Questa ninfa era fuggita innumerevoli volte alle insidie dei satiri e degli dei ed era seguace della dea Diana. Mercurio racconta che una giorno il dio Pan inseguì la Ninfa Siringa finché questa non si trovò la strada sbarrata dal fiume Ladone; non potendo più proseguire, Siringa chiese alle sorelle di mutarle la forma, per potersi così sottrarre alle mani del dio Pan.
Il dio Pan.
Quando quest’ultimo riuscì a raggiungerla, si ritrovò fra le mani un ciuffo di canne palustri e si mise a sospirare; fu così che le canne si misero a suonare, grazie all’aria insufflata dai sospiri di Pan.
Poussin – Pan raggiunge Siringa che si trasforma in canne palustri. Ad accoglierla il dio del fiume. Pan è accompagnato da Eros, con la fiaccola della passione accesa.
Allora il dio Pan costruì uno strumento con le canne palustri che un tempo erano la Ninfa Siringa, per rimanere sempre in compagnia di Siringa e del suono dolcissimo che usciva dalle canne. Vi ricorda qualcosa questo finale? Tipo la storia di Apollo che fa di Dafne, ovvero della pianta di alloro, il suo simbolo prediletto? Nei miti accade sempre così. L’alloro per Apollo e le canne palustri per Pan.
Quando Mercurio ebbe finito di raccontare questa la storia della Ninfa Siringa ad Argo, si accorse che tutti i suoi occhi si erano chiusi e finalmente aveva ceduto e si era addormentato. E fu così che Mercurio estrasse la sua spada e decapitò Argo, facendolo poi rotolare poi lungo il dirupo.
Giunone allora si rende conto dell’accaduto e prende i cento occhi ormai spenti di Argo e li fissa sulla coda del pavone, per fare in modo che il suo protetto continuasse a vivere. E così, il pavone diventa un uccello sacro e caro ad Era, che spesso viene rappresentata accanto a questo uccello.
Poi, colma d’ira, si rivolge alla rivale Io e le fa apparire davanti agli occhi l’orribile Erinni e la fa colpire al petto da un pungolo, spaventandola e facendola correre atterrita per tutto il mondo.
Le Erinni, o furie sono sorte dalle gocce di sangue di Urano, mutilato dal figlio Crono; puniscono chi viola l’ordine morale e vendicano i delitti di sangue. Provengono dal mondo sotterraneo, figlie della Terra e della notte.
Io arrivò fino al Nilo e si gettò a terra, chiedendo con un lungo lamento a Giove di porre termine alla sua condizione sventurata. Così Giove chiede perdono ad Era e la prega di mettere fine al terrore di Io. La dea, placata la sua ira, lascia che Io riprenda le sembianze di Ninfa e avviene così una nuova metamorfosi. Io si trasforma quindi nella Dea Iside che è venerata dalle folle egizie. Dall’unione con Giove, nacque Epafo, un dio venerato a sua volta in tante città, accanto alla madre.
E adesso ascoltate lo strumento che ha fatto addormentare Argo. 😉
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