La Dama Bianca

Al mio paese si racconta di una donna con una veste bianca e lunghi capelli neri, che appare alla vigilia della morte di qualcuno; mia madre mi raccontava spesso delle donne che quando andavano a lavare i panni alle fontane, vedevano questa figura. Quando succedeva bisognava farsi il segno della croce e prepararsi al peggio, perché sicuramente in paese qualcuno sarebbe morto presto. La chiamavano “La Dama Bianca”.

Negli anni sessanta Fausto Coppi, il grande ciclista, ebbe una relazione extraconiugale con una donna che i giornali dell’epoca chiamarono “la Dama bianca”, e io quando lessi queste vecchie cronache gossippare in una rivista che trovai in soffitta, mi dissi che i giornalisti non sapevano proprio niente della “vera” Dama Bianca, perché altrimenti non l’avrebbero definita così, l’amante di Coppi. Tuttavia, l’ignoranza su questioni delicate legate al folklore dei paesi alpini, è ancor più diffusa oggi di allora.

Oggi, quando si parla della Morte, e lo si fa raramente, la si dipinge con un Manto Nero. Un tempo tutte le donne dell’arco alpino portavano lunghe gonne scure, soprattutto nel mondo contadino, dove non ci si poteva certo permettere di indossare abiti chiari, visto che lo sporco legato al lavoro nei campi sarebbe stato troppo evidente. Una dama vestita di bianco, doveva per forza di cose venire da un altro mondo. Ci si vestiva di nero anche quando si andava a sposarsi, perché poi quell’abito lo si poteva usare per anni per i giorni di festa; l’abito bianco divenne di moda nei nostri paesi solo dopo il boom economico, quando il mondo moderno spinse con prepotenza, insinuandosi ovunque, anche fra le sperdute valli alpine.

La Dama Bianca si mostrò sempre meno, finché scomparve del tutto; l’attenzione della gente era volta a cose più terrene e materiali e piano, piano, si persero le tracce di questi eventi particolari e misteriosi. Tuttavia non fu un bene, a mio avviso; oggi nessuno parla più di Morte, ma tutti hanno il terrore di morire. Parlo di terrore, non di paura. Questo rapporto insano con Madama Morte è qualche cosa di patologico e malato, a mio parere, perché non permette di avere un rapporto sano ed equilibrato con le “cose del Mondo”.

Io vivevo in una casa che nel 1972 venne distrutta da un incendio innescato da un fulmine; in quella vecchia casa ci vivevano tre generazioni; la mia, quella di mio padre e quella dei nonni e prozii. La casa venne ricostruita secondo i canoni edilizi vigenti negli anni del boom economico, ma seguendo fortunatamente uno stile legato alla tradizione locale; non serve dire che nonni, prozii e genitori si indebitarono fino al collo per poter avere un tetto sopra la testa, ma riuscirono a saldare i debiti e a sopravvivere. E vissero lì fino alla loro morte.

Al primo piano vivevamo noi e ai piani bassi vivevano i vecchietti; erano mia nonna paterna con mio nonno, i fratelli di mio nonno, di cui uno sposato con la relativa consorte e altri due, fratello e sorella non sposati. Quando nacqui io, erano tutti sopra le settantina. Li vidi morire tutti e di tutti mi ricordo il funerale. Mi ricordo il prete che venne in casa per confessarli e dare l’estrema unzione. Mi ricordo il pianto delle mie zie. Mi ricordo che le donne di casa dovevano vestire il morto e lo facevano con metodo; solo loro, gente di famiglia, senza lasciarlo toccare da nessun altro. E poi lo lasciavano in pace.

Un tempo i morti si tenevano in casa per tre giorni. Si mettevano nella bara, gli si accendeva un lumino con uno stoppino immerso nell’olio, in modo che non si spegnesse mai, nemmeno di notte, quando lo si lasciava da solo, oppure delle candele quando si era presenti. Questo dettaglio è importante. Gli si mettevano dei fiori freschi accanto e anche questo è importante. Poi si pregavano tutte le due sere prima del funerale, le orazioni e la corona per i defunti, un tempo in latino, poi in italiano. Alle pareti si appendevano delle piccole lenzuola decorate con delle frasi e dei fiori ricamati a mano dalle donne di casa, in tedesco antico; quelle frasi erano delle brevi preghiere e servivano ad accompagnare il defunto e a rassicurare i vivi.

La gente del paese veniva a “dare l’acqua santa al morto”, ovvero a salutarlo. Venivano tutti quelli che erano in grado di muoversi, a tutte le ore del giorno fino a sera tardi; proprio tutti. E la casa alla sera si riempiva di gente, per dire insieme le orazioni che dovevano aiutare il morto a lasciare questo mondo, per andare dove dove doveva andare, possibilmente in paradiso. Io osservavo tutto questo via vai di paesani mesti e tristi con gli occhi di una bambina e capivo che era una cosa seria, una cosa di cui avere grande rispetto. Stavo in silenzio in un angolo e guardavo.

Quando tutti se n’erano andati, mi lasciavano entrare liberamente nella camera del defunto; potevo anche toccarlo, se volevo. Era permesso. A volte mi accompagnava un adulto, mi spiegavano come avveniva che una persona moriva e dove se ne sarebbe andata; mi spiegavano che dopo il funerale quella persona non l’avremmo più vista e che quindi dovevo salutarla, o salutarlo in quel momento, prima del funerale. Io ero piccola, ma sapevo capire perfettamente; capivo perché tutti erano tristi. Capivo che la persona non dormiva, ma era morta. E fu così che io salutai i miei prozii, i miei nonni e molte persone care che non ci sono più.

Ora, questi riti di distacco sono indispensabili per dare dignità al trapasso da una vita terrena a qualcos’altro, a prescindere da quale credo religioso o meno religioso si professa; a prescindere se si è credenti o no. Sono indispensabili per chi rimane, perché abbia modo di elaborare un lutto in modo sano ed equilibrato. Non sono solo usanze e tradizioni; sono riti di passaggio fondamentali e quello legato alla Morte è il rito più importante, perché permette di affrontare la paura dell’ignoto a chi rimane in vita. Permette di morire in modo dignitoso quando arriva la nostra ora, perché a questo non ci si pensa mai, ma vi comunico ufficialmente e con una certa sicurezza, che prima o poi tocca a tutti.

Comportarsi come se Madama Morte non ci riguardasse, relegando la questione a mezza giornata di scomoda cerimonia funebre, per poi rimuovere al più presto la questione è decisamente poco intelligente; tutto quello che viene prima, oggi lo si delega alle case di riposo, agli ospedali, ai servizi funebri, al personale specializzato. Praticamente dal momento che attorno a una persona aleggia sentore di dipartita, quella persona va isolata e ignorata, perché affrontare la Morte non è piacevole e le situazioni spiacevoli è meglio evitarle. Ma gente, tutto questo è disumano, non so se ci rendiamo conto!!

La vecchiaia è gestita in modo osceno al giorno d’oggi; i vecchi vengono considerati poco produttivi, spesso inutili ed il più delle volte scomodi. Non c’è più il rispetto per l’esperienza di una vita, per la saggezza, per la capacità di saper tramandare conoscenza; i vecchi stessi si ritengono inutili e di peso!! È madornale tutto questo! Ci hanno saputi convincere che dal momento che una persona non è più utile alla produttività materiale, quella persona non vale più niente!! Ci hanno convinti che i nonni servono ad allevare i figli dei figli, ma se non sono più in grado di farlo, allora vanno rinchiusi in qualche struttura “dove sanno prendersi cura di loro”! E se va bene li si va a trovare a Natale, perché non si ha tempo, che bisogna lavorare per pagare la retta!!

Questo accade perché chi è a “fine carriera”, come si dice cinicamente oggi, nell’immaginario collettivo risulta inutile e ingombrante. E’ il prototipo della disumanizzazione più becera e schifosa, questa!!! Ed è la stessa mentalità che libera dalla responsabilità di affrontare anche la Morte; perché di responsabilità si tratta. Non si può scegliere di non morire, quindi è responsabilità di ognuno saperlo fare con dignità e accompagnare chi deve morire con altrettanta dignità!! E’ una legge di Natura e chi non rispetta queste leggi è destinato a soccombere al peggio ed oggi ne abbiamo le prove evidenti!

La paura della Morte nasce dalla malsana abitudine di ignorarne l’esistenza, di nasconderLa nelle “strutture dedicate”, a considerarLa sempre e comunque un problema degli altri! Ebbene, a quelli che di questi argomenti non vogliono parlare, perché risultano scomodi e sgradevoli, comunico che prima o poi dovranno occuparsene in prima persona, volenti o nolenti! Perché se anche la Dama Bianca non ha più voglia di farci la cortesia di avvisarci prima per farci trovare pronti, perché non ce lo meritiamo più, Lei, la Signora dal Manto Nero, arriverà comunque, per tutti, anche per quelli che non ne vogliono sapere.

La Vita non è un film e non è un videogioco, dove se muori hai poi altre vite da spendere. La realtà è un’altra cosa e queste cose bisognerebbe cominciare a spiegarle ai bambini,(e anche alla maggior parte degli adulti, che in tal senso dovrebbero crescere) con il dovuto tatto, certo, ma va fatto. Perché se non si fa, crescono nell’illusione che “vada sempre tutto bene” e quando qualcosa non va bene per niente, visto che della vita reale non sanno proprio niente, se va bene si fanno una canna, poi sniffano, una pasticca e una pera e lentamente si ammazzano da soli. Oppure alla prima occasione, quando qualcuno li riesce a spaventare a morte (appunto), pur di avere un nuovo bonus e continuare la partita, si fanno fare di tutto, compresa un’iniezione letale!!!

31 risposte a “La Dama Bianca”

  1. Avatar Claudio Capriolo

    A proposito di leggende. Sulle Alpi occidentali, la Dame blanche è uno spettro che si aggira sui monti, pronto a ghermire gli alpinisti incauti, in particolare quelli che hanno la pessima idea di trovarsi ad alta quota nel giorno dell’Assunzione. Non a caso le guide valdostane avevano scelto il 15 agosto per festeggiarsi: in tal modo avevano una scusa valida per rifiutarsi di accompagnare i turisti sulle cime nel giorno di Ferragosto.
    Secondo alcuni studiosi del folklore alpestre, l’immagine della Dama bianca è stata suggerita alla fantasia popolare dai mulinelli di neve che il vento crea sui ghiacciai e sulle cenge innevate. Una delle Petites Murailles, fra Valtournenche e Valpelline, si chiama Château des Dames: ha questo nome, con tutta probabilità, per via di un gendarme di roccia chiara, a forma di torre, che si erge sulla cresta meridionale, visibile anche dal fondovalle, e appunto dalle “dames” che spesso si fanno vedere sul nevaio sottostante.

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Che meraviglia, Claudio!! Grazie infinite per questo resoconto; le leggende si ripetono. La Dama Bianca è sempre foriera di foschi presagi, su tutto l’arco alpino. Ho trovato racconti analoghi anche in Alto Adige. Chissà da dove arriva, questa leggenda. Mia madre, che non era una che credeva a tutto, raccontava questi aneddoti con una convinzione che le era stata tramandata dalle donne di casa; il timore ed il rispetto era ciò che traspariva.

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      1. Avatar Claudio Capriolo

        Oltre ai mulinelli di neve creati dal vento, che possono far pensare ai bianchi sudari tradizionalmente collegati all’idea di spettri deambulanti, anche l’immagine della “nuvola” di neve polverizzata che accompagna le valanghe può aver contribuito alla creazione della leggenda. Per i montanari una valanga che ti piomba addosso è morte pressoché certa: anche se riesci a rimanere “a galla”, il pulviscolo di neve ti soffoca.
        E anche trovarsi nei pressi di una massa di neve che precipita può essere molto pericoloso. Il canale Marinelli, sul versante est del Monte Rosa, ha questo nome in ricordo di Ferdinando Marinelli, il quale vi perse la vita nel 1872, sbalzato dalla parete su cui si stava arrampicando a causa di una valanga che non lo colpì direttamente: fu lo spostamento d’aria (i valligiani lo chiamano veura, il soffio della valanga) a farlo cadere.

        In tutte le leggende c’è sempre qualcosa di vero 🙂

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      2. Avatar Elena Delle Selve

        La neve è elemento temuto e rispettato, proprio perché eventi come quelli che racconti, accadono ovunque e spesso; la gente di montagna ne è testimone. La Dama Bianca dei nostri paesi compariva nelle notti di luna piena o dopo le piogge, quando si levano le nebbie dal fondo valle lungo i versanti; anche questo elemento può contribuire, tanto quanto il pulviscolo di neve. Tuttavia i racconti nostrani si ripetono con elementi narrativi abbastanza costanti; la Dama Bianca appare sempre alle donne, spesso quando sono riunite in faccende casalinghe, come fare il bucato alla fontana. Pare che accadesse questo perché poi, la notizia si sarebbe sparsa per tutto il paese in tempo reale; era un po’ come dare la notizia alle giornaliste della tv locale. Compariva sempre nello stesso punto, che in quanto tale era considerato sacro e luogo di rispetto. Ho assistito ad una valanga che portò via due sci alpinisti una volta; ero sul versante opposto della valle, per un caso fortuito. Ci ho pensato anch’io alla Dama Bianca in quel momento… non lo dimenticherò più!

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  2. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

    Una società che invecchia, pure male, non sa dare valore alla memoria di chi ha attraversato altre epoche. Dunque è società che non sa più chi essere, neppure vuole domandarselo

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Vero! Anche perché se si fermasse a domandarselo, non troverebbe risposte piacevoli e allora, ipocritamente, preferisce evitare. Fa sempre parte di questo atteggiamento dedito al nascondere tutto dietro alle maschere fatte di “va tutto bene”.

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      1. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        E così, rischio concreto è che venga pure il giorno in cui non ci sarà alcuno che, in caso di domande, conoscerà risposte.

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      2. Avatar Elena Delle Selve

        Penso che quel giorno non sia poi molto lontano, mio caro. In generale manca la capacità di fermarsi ed ascoltare; per questo le persone anziane non sono più oggetto di rispetto e di interesse. Per sapere che cosa hanno da dire i vecchi devi prenderti il tempo di ascoltarli. C’è gente che quando va a fare visita a qualcuno (se ci va) nemmeno si siede, per far capire che hanno fretta e che non hanno intenzione di stare ad ascoltare troppe storie e troppo a lungo. E’ un atteggiamento che denota una povertà d’animo disarmante e spaventosa, a mio avviso. Prendersi il tempo, significa rallentare e anche questo fa paura, perché se rallenti sei costretto ad ascoltare anche te stesso e a molti questo fatto li terrorizza. Gli anziani per definizione richiedono lentezza, pazienza, dedizione; rischiano di coinvolgerti in un ritmo umano e questo oggi lo si evita, perché di umano nella mente della gente non è rimasto molto.

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      3. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        La lentezza implica starsene a pensare. Per taluni questa è esperienza noiosa. Ascoltare non ne parliamo. Ho fortuna che al mio paese, laggiù, non dove sono adesso, gli anziani hanno ancora grande considerazione. Spero duri.

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      4. Avatar Elena Delle Selve

        Gli anziani sono ancora considerati nei paesi del Sud del mondo; da quel che mi raccontano, in Africa sono ancora il fulcro attorno al quale ruotano le famiglie e godono di grande rispetto. Mi viene da pensare che sono i paesi dove i ritmi sono diventati disumani quelli messi peggio!! E le regioni più frenetiche del nostro paese non fanno certo eccezione. Non ho giustificazioni e non riesco a trovarne per chi maltratta o è indifferente alle persone anziane. Se durerà, sarà perché si riesce a non farsi fagocitare dal nulla che dilaga imperante. Occorre porre resistenza; almeno voi, non mollate!!!

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      5. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        E chi molla, non vorrei dare il cattivo esempio che fra non molto tocca a me😄

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      6. Avatar Elena Delle Selve

        Ma valà!!! Che non devi buttarti così in avanti! Il tempo arriva quando è il momento; comunque è una buona cosa quella di tenere sempre ben presente “il momento”. Aiuta a non perdersi nelle stupidaggini e a focalizzarsi sulle cose importanti.

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      7. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        Non ho preoccupazione del momento, credo non cambierà granché, per fortuna 🙂

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      8. Avatar Elena Delle Selve

        Preoccuparsi non serve mai, ma avere coscienza che non si è immortali aiuta a fare il proprio dovere.

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      9. Avatar chiedoaisassichenomevogliono

        Ed anche ad apprezzare quanto di bello ci appartiene.

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      10. Avatar Elena Delle Selve

        Direi di sì; lo si apprezza sinceramente, senza riserve.

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  3. Avatar poetella

    splendido post…
    Ora non ho tempo per leggere i commenti, ma tornerò…
    Intanto buona serata!

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Ciao Poetella! Quando vuoi. Buona serata a te. 🙂

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  4. Avatar Brezza d'essenza

    Quanto è vero tutto questo! Hai detto tutto.
    Quando mia nonna di 86 anni cadde e arrivò l’ambulanza perché non si riprendeva, forse un ictus transitorio, l’infermiera (straniera) ci fece i complimenti per il fatto che stesse con noi a casa e non abbandonata in uno ospizio. Dignità… che bella parola… a cui si affianca il rispetto verso esseri umani, non scarti…
    Concordo con il discorso che fai sulla morte in generale e sul fatto che sembra sia diventata un tabù; condivido anche il fatto che attraverso un funerale abbiamo bisogno di elaborare il lutto, a parte la tradizione che puó essere condivisibile o meno… la mente ha bisogno di realizzare l’evento e può farlo soltanto vivendolo profondamente.

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Ha fatto bene l’infermiera a farvi i complimenti, perché prendersi cura degli anziani in prima persona, senza delegare a terzi, è l’eccezione, oggi, non la regola. Ed è così per lo stesso motivo per il quale si lasciano i figli ai nonni; tutti devono lavorare per inseguire beni di consumo che non sono per nulla necessari, ma che pare non si possa fare a meno di avere e così si abbandonano figli e anziani a se stessi, o nelle mani di terzi, perlopiù sconosciuti. È una situazione completamente squilibrata, inumana e insana! Si antepone la foga di acquisto agli affetti e si trascurano i più deboli, che in questo caso sono i bambini e gli anziani. Una situazione come questa, questo tipo di scelte di vita non possono portare a nulla di buono. Una persona che cresce abbandonata a se stessa non può essere equilibrata, nemmeno se ha tutti i giocattoli del mondo e tutti i capi firmati; se poi la prospettiva è quella di fare una vita di lavoro per continuare a riempirsi la casa di cose inutili, per poi invecchiare in solitudine, abbandonato in una casa di riposo, posso capire perché oggi molti giovani si suicidano. Una vita costruita in questi termini, con queste prospettive non ha senso e l’essere umano ha la necessità di darsi un senso; è vitale!! È un meccanismo malato e devastante dal punto di vista emotivo e psicologico. Rinnegare l’esistenza della morte contribuisce a mantenere viva la narrazione di un mondo fatto di felicità fasulle. A questo serve e bisognerebbe smetterla!

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  5. Avatar Sossu

    Hai tirato giù questa storia come piace a me . È bello !!! I commenti arricchiscono cara Elena .
    Nella simbologia cromatica il viola sta per rosso e blu ben mescolati, per me Il significato e molto bello.
    💚💙💜
    T’ Abbraccio 🐞

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Ti ringrazio di cuore, Sossu. E contraccambio l’abbraccio. 🙂

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  6. Avatar 2010fugadapolis

    Condivido a metà. O meglio, condivido fino ad un certo momento (che poi è più della metà). Il momento dove mi stacco dalla tua visione (o quello che ho capito della tua visione) è quello dell’ effettiva dipartita. Sono dell’ idea che tutte le energie, il tempo, l’affetto e la vicinanza di cui siamo capaci nei confronti dei nostri cari vadano utilizzate fino a quel momento. E senza risparmiare nulla. Tutto ciò che accade dopo mi è sempre sembrato poco utile, se non in alcuni casi morboso. Non dico che chiusa la bara (o l’urna, o quel che è) uno se ne debba fregare, anche perchè è impossibile. Ma il “lavoro” da fare è quello antecedente. Io stesso avrò immenso piacere se qualcuno mi sarà vicino e mi darà una mano quando si approssimerà il mio tempo, ma ho sempre sostenuto che “dopo” possono tranquillamente gettare nell’ umido ciò che resta.
    Ricordo ancora quando decisero di “archiviare” mia nonna in una casa di cura, di sette discendenti tra figli e nipoti ero l’unico contrario e andò così. Di fatto, per quel poco tempo che ci rimase, tutti gli orari di visita (e qualche “sforamento”) erano i miei. Cercavo di non farla nemmeno toccare dal personale della struttura, che ogni volta faceva più danno che altro, considerando la personalità difficile della paziente. Il giorno che la trovai legata al letto ribaltai un paio di scrivanie. Mai come di questi tempi credo che se proprio uno deve morire, meglio che lo faccia nel suo letto.

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Concordo su tutto tranne che per la parte dell’umido! 😀 😀 Penso che quelli della mia generazione saranno i primi della mia famiglia che verranno relegati in uno ospizio, se va bene, ma personalmente preferirei morire prima e nel mio loculo casalingo; meglio se in solitudine, così non rischio che mi portino dove mi infilzerebbero di aghi e proverebbero a farmi morire di una qualche malattia strana per intascarsi i soldi delle sovvenzioni. Non concordo con la tua visione dell’umido, perché, vedi, nel tempo sono andate perse delle conoscenze legate al mondo dei morti, che i nostri nonni invece sapevano benissimo. Dopo la dipartita, per chi ci crede ancora, ci sono tre giorni in cui il corpo fisico non è del tutto distaccato da quella componente di noi che fisica non è; ovviamente questo vale per chi crede in quest’altra componente. E’ questo il motivo per il quale si aspetta di solito il terzo giorno prima di seppellire o cremare una persona. Lasciare dei fiori freschi accanto a un morto pare che serva per calmare lo spirito del defunto, oltre che essere un segno di rispetto; idem per le candele, bianche. Le orazioni servono a tutti; al morto e ai vivi; serve psicologicamente per attenuare il dolore, il distacco. Ora, queste cose uno può anche snobbarle e ritenerle del tutto inutili. So che c’è chi le ritiene parte di una macabra commedia, so che c’è chi le ritiene superflue, ma metti che qualcosa c’è e funziona magari esattamente in questo modo, dove lo spirito del defunto deve riassestarsi un attimo prima di prendere altre vie non terrene. Poni che è veramente così la faccenda; mettiti tu nei panni di chi se ne va. Tu ti vorresti veder buttare nell’umido, o preferiresti che vengano compiuti i riti necessari per farti andare dove devi andare con la dignità ed il rispetto dovuti? Io, nel dubbio, preferisco la seconda, anche e perché ciò che contraddistingue l’essere umano dal resto degli esseri viventi, è proprio la consapevolezza di essere anche altro, oltre che un corpo fisico. E quest’altra componente è sempre stata riconosciuta, fin dall’alba dei tempi, fin dalla preistoria; le tombe ed i riti legati alle sepolture sono sempre stati al centro della vita dei popoli del passato, proprio per permettere un distacco dalla vita terrena che fosse contraddistinto da riti volti al rispetto e alla dignità, fino alla fine e anche dopo la fine. Per arrivare ad epoche relativamente più recenti, gli antichi greci avevano una regola: i morti caduti in battaglia o meno, dovevano sempre essere seppelliti, perché se ciò non accadeva erano destinati a vagare per l’eternità in una zona esterna all’Ade; senza degna sepoltura, non erano né vivi, né morti… e questa è una condizione estremamente dolorosa e alla quale non c’è rimedio. Oggi, noi, di queste cose legate allo Spirito sappiamo poco o niente ed è voluto; se tu pensi di essere solo un pezzo di carne sostenuto da fibre ed ossa, è ovvio che non ti frega nulla se dopo morto ti mettono nell’umido; ma poni che la tua capacità di pensare sia data anche da qualcosa che va oltre al tuo essere meramente fisico… poni che una parte di te vada oltre alla sfera fisica; quando muori, quell’altra parte di te potrebbe aver bisogno di un trattamento che non si riduce allo smaltimento in un cassonetto del compost. I vecchi di un tempo sapevano morire, perché sapevano che cosa aspettarsi dalla morte; oggi nessuno ci pensa più a queste cose e nessuno insegna più alla gente come “avere una buona morte”, e lo sai perché? Perché se tu sei addestrato a questo, la paura di morire si attenua e allora sei meno manipolabile. Ma se pensi che la morte è la fine di tutto, allora è facile che di fronte alla morte ti caghi sotto di brutto e preferisci non pensarci, non averci niente a che fare; eppure il momento arriva, prima o poi. A mio modesto avviso, è meglio farsi trovare preparati su questo fronte, che non è proprio uno dei meno importanti in un’esistenza, esattamente come facevano i vecchi di una volta; è meglio prepararsi che fingere di essere immortali e poi farsi fottere la vita dal primo che ti racconta che se non spegni il termosifone, o se non ti fai una pera di qualche sostanza indefinita, muori!! E se per prepararsi occorre affidarsi a dei riti di passaggio, beh, va fatto. Lo si è sempre fatto, per secoli, con riti ben più complessi di quello che ho descritto io; e gli antichi non erano proprio dei deficienti ignoranti. Sapevano il fatto loro, quelli. Non c’è nulla di morboso in questo; può essere visto in questi termini solo se sei spaventato dal mondo legato alla morte, che è poi lo stesso mondo che è legato alla vita. Si tratta solo di avere il giusto rispetto e di conseguenza di porsi il problema di fare le cose giuste. Siamo noi che siamo diventati troppo bestie per renderci conto dell’importanza di queste cose!! Il mondo occidentale, con tutta la sua finta “civiltà” ha perso di vista tutto ciò che lo rende veramente umano, senza rendersene conto.

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      1. Avatar 2010fugadapolis

        Non fa una piega, e se mi conosci appena un po’ sai che io sono pronto a comprendere (e a rispettare) le ragioni di tutti: in più questo è uno di quegli argomenti riguardo i quali ogni più piccolo sentimento personale conta. Se tu la vedi in un modo, hai tutto il diritto di portare avanti il discorso secondo la tua visione. Anche “tecnicamente”, non è il caso di buttare via qualcuno appena si ferma il cuore: credo che quando non c’erano gli strumenti odierni, i tre giorni fossero innanzitutto un modo di essere sicuri che la persona fosse veramente morta. E anche oggi non è che ci sia molto da fidarsi. A parte questo, sentimenti e credenze vanno sempre rispettate. Io, come d’abitudine quando parlo parlo per me e per me solo. Già mia moglie (alla quale spero sul serio di non sopravvivere, perchè egoisticamente so che non ce la farei) ha una visione leggermente diversa: ecco, nel malaugurato caso in cui mi toccasse vederla andar via prima di me non le farei prendere certo la via dell’ umido. 😉

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      2. Avatar Elena Delle Selve

        Bene, questo è quello che conta. E non avevo dubbi in merito, trattandosi di te!!

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  7. Avatar “Capitano, mio Capitano!!” – STORIE SELVATICHE

    […] punto che hanno un tempo limitato ce l’hanno sempre ben chiaro, a proposito del post sulla paura di morire. Per questo non perdono tempo a lamentarsi o ad avere paura; sanno che non possono […]

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  8. Avatar Whitewolf
    Whitewolf

    Non ho leggende o rituali altrettanto interessanti da condividere, solo una riflessione:
    io dopo il funerale di mio nonno non sono mai riuscito ad andare alla sua tomba. Eppure nel tempo ho visto addirittura il cadavere di un’amica di famiglia (mostratomi da suo marito con forse inopportuna tranquillità)…
    dunque il problema non è nella paura di vedere un corpo morto.
    Da quando ho iniziato il cammino neopagano, ho cambiato atteggiamento verso la morte. Se prima era semplicemente “paradiso” (non riuscivo a concepire l’idea dell’inferno) adesso è diventata per me un passaggio solenne, forse ancora più importante della vita.
    Hai detto bene quando hai fatto notare che è una realtà banalizzata al giorno d’oggi e spesso rimossa, probabilmente perchè la morte rappresenta il momento in cui si cessa di essere attivi.
    Te hai esplorato il lato sociale, io esploro il lato per cosi dire narrativo: quando moriamo, cediamo la narrazione della nostra vita agli altri.
    La morte è importante perchè indica il momento in cui la nostra vita, definita da un inizio e una fine diventa oggetto di valutazione storica e le cui conseguenze vengono analizzate… e per molti trasformate in insegnamenti (anche per questo il culto degli antenati non significa passatismo o conservatorismo ma avere coscienza che dal passato possiamo imparare).
    Per tutti noi, la morte di qualcuno ricorda di chiederci cosa stiamo facendo della nostra vita e molta gente non ha voglia di pensarlo…salvo poi, in preda al taedium vitae, prendere e investire cittini a caso o ammazzare…o altro.
    Forse dietro al profondo carico emotivo che mi impedisce di guardare la tomba di nonno, c’è il fatto che la sua morte mi costringe a confrontarmi con lui…e nonno era una figura così positiva che mi sento inevitabilmente scomparire a suo confronto.

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    1. Avatar Elena Delle Selve

      Non posso aiutarti a capire una cosa così personale. Però posso dirti che l’elaborazione di un lutto è una questione estremamente soggettiva e richiede tempo. Il legame che si viene a creare con una persona in vita, non scompare solo perché il suo corpo fisico lascia la Terra. In noi rimane una parte di lui/lei, come ricordo, come parte emozionale. La paura di affrontare questa nostra parte profonda è legittima e non pensare che tu sia un caso isolato. Quando deciderai di affrontare questa cosa, lo farai spontaneamente, quando sarà arrivato il momento, senza forzare. Nel frattempo, se posso permettermi un consiglio, io non razionalizzerei troppo sui motivi che ti impediscono di andare sulla sua tomba. Più che a confrontarti con ciò che lui rappresenta per te, forse è solo il dolore della perdita che tarda a venire accettato, ma questo è umano e legittimo, ripeto. Datti il tempo che ti serve.

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